di Tommaso Strambi

Siena, 9 maggio 2014 - Si terranno all’inizio della settimana gli interrogatori di garanzia dell’ex general manager della Mens Sana basket Ferdinando Minucci e delle altre tre persone arrestate giovedì mattina nell’ambito dell’inchiesta «Time out» coordinata dalla procura della Repubblica di Siena. A tutti e quattro gli arrestati il gip Ugo Bellini ha concesso i domiciliari e pertanto ognuno di loro si trova nelle proprie abitazioni. Minucci e Olga Finetti a Siena, Alessandro Sammarini a Milano e Nicola Lombardini a Rimini. Proprio per questo motivo è assai probabile che il gip Bellini interroghi nella città del Palio soltanto l’ex patron biancoverde in procinto di diventare (dal 1 luglio) presidente della Legabasket e l’ex segretaria generale della società pluricampione d’Italia. Mentre i due soci della Essedue Promotion e della Brand Management saranno ascoltati per rogatoria dai gip di Milano e Rimini. Intanto mentre prosegue il lavoro degli investigatori nella analisi e lettura della documentazione sequestrata giovedì quando sono state eseguite le ordinanze di custodia cautelare, emergono nuovi particolari sulla struttura associativa che negli ultimi sette anni ha gestito la Mens Sana Basket.

C’E’ UNA TALPA nell’inchiesta relativa alla frode fiscale da 60 milioni di euro messa in piedi dagli ex vertici della Mens Sana Basket e dai promotori delle società che gestivano i diritti di immagine delle stelle baincoverdi. E’ una persona che il 15 dicembre del 2012 passò da casa Minucci per avvertirli di fare attenzione. Quel sabato l’ex patron del basket senese alle 18.14 ricevette una telefonata dalla moglie: «C’è venuta una persona per avvertirti di alcuni problemi che ci saranno». E quello stesso giorno gli investigatori delle fiamme gialle captano una conversazione tra l’ex segretaria generale della Mens Sana, Olga Finetti e una persona intima della famiglia Minucci. Le due donne si rassicuravano vicendevolmente in ordine alla eliminazione delle possibili prove.
G.V.: «te hai fatto tutto?».
Finetti: «sì, sì, sì, ho fatto tutto, sò abbastanza tranquilla, si, si dai. Tutto a posto anche te? Tutto a posto?».
G.V. «tutto ok, tutto ok».
Per il gip che ha firmato le ordinanze con l’adozione delle misure restrittive per quattro dei sei indagati è evidente che Minucci aveva avvisato la collaboratrice di possibili perquisizioni presso la sede sociale, così da anticipare «tutti gli accorgimenti diretti a celare o distruggere i documenti più compromettenti e di avvertire tutti i possibili detentori di tali emergenze». A riprova di questo ci sono alcune conversazioni captate tra Olga Finetti e la commercialista Paola Serpi, vice presidente della Mens Sana indagata per reati connessi. Domenica 16 dicembre 2012, infatti, la Finetti chiama la Serpi chiedendole di raggiungerla in ufficio («sarebbe meglio perché c’è una cosa, bisogna che io ti faccia, ti ti de... devo dire delle cose, capito? E siccome ora portarle a giro, cioè è tanta roba.... e allora mi piaceva se potevi passà qui»). Per cosa fare? A spiegarlo agli inquirenti è stata la stessa Serpi che, interrogata sul contenuto delle intercettazione, si autoaccusava di aver cancellato un file excel relativo al budget squadra, riferiva: «Olga mi chiedeva di andare con urgenza negli uffici della MSB. Di lì a poco mi recavo presso quei luoghi e Olga mi informava che probabilmente ci sarebbe stato un accesso della guardia di finanza... presente all’avviso era anche Ferdinando Minucci»). Sono ore convulse quelle che si vivono quella domenica pomeriggio. Alle 15.32 gli inquirenti intercettano e registrano un’altra conversazione interessante. Protagonista ancora una volta Olga Finetti che ad un non meglio identificato interlocutore riferisce di trovarsi negli uffici della Mens Sana: «io sto qui a brucià quella robba».


UNA FUGA di notizie che poteva mettere in pericolo l’intera operazione. Per questo gli investigatori rimodulando i piani originari intervennero con le perquisizioni. Anche se parte della documentazione ormai era stata bruciata. Benché la sua distruzione alla fine sia risultata vana. Dal momento che quella documentazione è stata rinvenuta altrove perché qualche altro indagato l’aveva riprodotta e la celava tra le sue carte. Così come dagli ulteriori sviluppi delle indagini anche il cerchio sulla talpa potrebbe stringersi.