Il prossimo 4 aprile Pietro Pala, detenuto nella casa circondariale “Bacchiddu“ di Sassari, metterà sul tavolo dei giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello di Firenze un pezzo della sua vita. È fissata per le 9.30 la prima udienza del giudizio di merito per la revisione della condanna alla pena dell’ergastolo inflitta a Pala dalla Corte d’Assise di Perugia per la morte del carabiniere Donato Fezzuoglio, raggiunto da colpi di kalashnikov dopo essere intervenuto, eroicamente, per una rapina in banca il 30 gennaio del 2006 a Umbertide. Fine pena mai per Pala e Raffaele Arzu: a rendere definitiva la condanna la Corte di Cassazione che aveva rigettato, nel febbraio del 2016, i ricorsi delle difese dei due. Pala si è sempre dichiarato innocente e ora, difeso dall’avvocato Gabriele Magno del Foro di Bologna, presidente dell’Associazione nazionale vittime di errori giudiziari, si apre il processo di revisione: "Voglio innanzitutto sottolineare l’atto di eroismo del carabiniere Donato Fezzuoglio che, senza esitazione, è intervenuto in una sparatoria armato della sola pistola di ordinanza. Detto questo, Pietro Pala si è sempre dichiarato innocente e riteniamo di avere elementi utili per dimostrarlo".
Partiamo dalle indagini sulla rapina che, inizialmente, si sono mosse su due filoni: dapprima si è seguita una pista “albanese“ (anche sulla base di alcune testimonianze), archiviata perché uno dei cellulari degli indagati risultava agganciare una cella telefonica di Roma. "Non sono state fatte altre verifiche – precisa l’avvocato Magno –. La stessa circostanza, valevole come prova a discarico, non è stata valutata a beneficio di Pala, il cui cellulare agganciava le celle di tutt’altra zona rispetto alla rapina". L’altra pista portava all’individuazione di un gruppo di sardi: anche in questo caso c’era stata la richiesta d’archiviazione. Poi, però, la pista viene percorsa di nuovo: emerge una sentenza del tribunale di Perugia del 2010 di condanna dei “sardi“ per una tentata rapina del 2007 e il pubblico ministero del tempo chiede la riapertura delle indagini per i fatti di Umbertide. Indagine che si conclude con la condanna di Pietro Pala e Raffaele Arzu: "È opportuno precisare che i due non si sono mai visti, non si conoscevano – sottolinea l’avvocato Magno –. Si sono incontrati per la prima volta in tribunale".
Pala (alto non più di un metro e sessanta e non è un dettaglio) si è sempre continuato a dichiarare innocente e la moglie affida a dei consulenti indagini difensive con l’obiettivo di chiedere la revisione del processo. Nel 2017 un “super-testimone“ si avvicina alla famiglia di Pala, per il tramite delle sorelle, sostenendo che lui sa che il fratello Pietro non è colpevole. Il testimone viene ascoltato dal consulente, videoregistrato e racconta la sua versione. L’uomo, sono i giorni della rapina, lavora alla ristrutturazione di un appartamento all’ultimo piano di un palazzo prospiciente la sede della banca. Sente il botto dell’auto, il pick up che sfonda la vetrina della filiale, e si affaccia: assiste, di fatto, alla fuga dei banditi che descrive come persone alte, snelle, agili, un commando militare. Non solo: il super-testimone in quei giorni ha bisogno di un saldatore e ne conosce uno molto bravo. E, proprio quel saldatore (la cui compagna è albanese e vivono insieme ad Arezzo, dove viene rubato il Fiat Doblò poi utilizzato dai rapinatori), nei giorni precedenti il tragico colpo, si aggira di continuo nella zona: passa da un bar all’altro. I due s’incontrano e si accordano per il lavoro, prima prendono un caffè e poi salgono in macchina. E qui il saldatore dice: "Devo chiamare un mio amico, devo chiamare Donato". Donato è il carabiniere Fezzuoglio: questo il “super-testimone“ racconta ai consulenti della famiglia di Pala. E lui telefona: risponde la moglie di Fezzuoglio che dice “Ti faccio richiamare“. Viene richiamato.
Il super-testimone racconta la telefonata tra il saldatore e Fezzuoglio, un dialogo tra un confidente e un appartenente alle forze dell’ordine: "Ti do una notizia, che presto in settimana ti faccio fare un colpo grosso a te, ti faccio prendere gente alla stazione, lì alle poste, vicino alle poste... cerca di essere lì... domani o dopodomani cerca di essere in quella zona, di faccio una bella sorpresa". Ancora. Nel racconto fornito al consulente, il super-testimone riferisce anche di una "proposta/offerta di una elargizione di denaro a un teste – si legge nella relazione agli atti della richiesta di revisione – al fine di far eseguire un riconoscimento fotografico" che portasse a identificare gli autori della rapina.
Fin qui i riscontri dell’indagine difensiva tra il 2017 e il 2018. "Ma avevamo bisogno di altre conferme", sottolinea l’avvocato Magno. Vengono ascoltati altri due testimoni. Una donna, ex medico di Umbertide, che tra i pazienti aveva un uomo che raccontava (anzi "si vantava") di aver fatto da testimone durante la rapina e di aver "riconosciuto un sardo".
Ex infermiere, era indagato per aver rubato farmaci: accusa poi caduta per prescrizione. Raccontò al medico di essere nel negozio della sorella al momento del colpo, a 350 metri dal luogo della rapina. "Una cosa che mi sembrò strana... i luoghi e i tempi non soddisfacevano la mia logica... non è che si va in giro con scritto sono un sardo... non riuscivo a capire da quali segni o indizi avesse capito che fosse un sardo...", racconta l’ex medico al consulente di Pala. E aggiunge quanto detto a sua sorella, da una lontana parente testimone diretta della rapina, di aver visto fuggire "un uomo alto... molto... veloce... ma comunque molto alto...". E proprio di questa testimone diretta parla, sempre nel corso degli accertamenti fatti nel 2023, l’altra persona ascoltata dai consulenti incaricati da Pala: "... aveva visto tutto dal balcone... aveva fornito descrizione di persone alte... e poi i cassieri della banca hanno sostenuto sempre nelle prime indagini che i rapinatori avevano accento straniero...".
L’udienza è fissata per il 4 aprile. Pietro Pala ha 56 anni, è in carcere da 16. Ai giudici chiede di valutare di nuovo, alla luce dei recenti riscontri, il suo “fine pena mai“. In Tribunale sono stati chiamati a presenziarie anche i legali delle parti civili, compresa la famiglia di Fezzuoglio.