Livorno, 1 novembre 2015 - Il campo è circoscritto ad un centinaio di persone, forse anche meno, tutte individuate. A ciascuna di loro la procura di Livorno ha chiesto di effettuare il test del dna. Servirà a compararlo con quello rinvenuto accanto al cadavere trovato 20 anni fa, la sera del 13 giugno 1995, sulla scogliera del Romito, a Livorno. Quaranta coltellate e la testa fracassata con una pietra. Era il corpo di Marco Mandolini, 34 anni, di Castelfidardo, sottoufficiale dei parà, in forza ai reparti speciali della Folgore, capo scorta del generale Bruno Loi durante la missione in Somalia. Un «cold case», un delitto irrisolto, mai ufficialmente archiviato. Che la Procura di Livorno ha riaperto, lavorando in silenzio, per dare un volto al suo assassino. Lo chiede la famiglia del sottufficiale che da anni si batte per superare il muro di omertà, i tentativi di depistaggio che fino ad oggi hanno impedito la soluzione del caso.
In passato si era percorsa la pista del delitto passionale a sfondo omosessuale e quella del complotto internazionale che avrebbe visto Mandolini vittima di manovre torbide, sospetto anello di congiunzione tra tanti morti come quelle dell’inviata del Tg3 Ilaria Alpi e del suo cameraman Milan Hrovatin. Poco più di un anno fa a Livorno è arrivata la notizia del ritrovamento del dna del presunto assassino del parà. I magistrati hanno sottoposto al test un gruppo di persone e tra queste anche i commilitoni del sergente maggiore del «Col Moschin», il reparto degli incursori. Nessun esito però che si sia avvicinato ad una svolta. Ma quelle tracce ematiche potrebbero ancora parlare. La Procura ha individuato un centinaio di persone, forse anche meno, che nei prossimi giorni saranno sottoposte al test del Dna, per comparare i campioni, con quello rinvenuto accanto al corpo di Mandolini.
Si riparte quasi da capo in attesa che il tribunale si esprima sui due nuovi testimoni ascoltati un mese fa, uno dei quali non era mai stato sentito in vent’anni ed è saltato fuori solo oggi. La famiglia non ha perso le speranze nonostante le minacce anonime e le telefonate misteriose che continua a ricevere, ancora oggi. I fratelli del sottufficiale hanno anche organizzato una marcia dal 3 al 12 giugno prossimi, 352 chilometri da percorrere con partenza dalla lapide sul Romito a Livorno e arrivo al monumento nazionale delle Marche di Castelfidardo dove sono sepolte le spoglie di Mandolini.