
di Nina Fabrizio
Sotto assedio, forse vicina al martirio, la città di Kiev si appella con tutte le forze a papa Francesco. Potrebbe essere lui il messia, il Salvatore che scongiuri una nuova Sarajevo? Il sindaco Vitalij Klitschko ne è convinto anche se la sua richiesta scritta e non mediata a Bergoglio arriva dopo che il Papa argentino aveva già ricevuto, anche prima dello scoppio del conflitto, inviti ufficiali da parte del governo e dal massimo rappresentante della chiesa greco-cattolica, mons. Shevchuk. "Crediamo che la presenza di persona dei leader religiosi sia la chiave per salvare vite umane e aprire la strada alla pace nella nostra città", scrive Vitalij Klitschko in una lettera divulgata ieri aggiungendo rassicurazioni sulla sicurezza del Papa nel caso di un suo assenso.
In alternativa, Klitschko si appella in extremis alla possibilità di realizzare con Francesco almeno una videoconferenza. E la vera novità, dopo che il Papa domenica scorsa all’Angelus ha condannato chiaramente "l’aggressione armata" russa pur evitando ancora una volta di nominare esplicitamente il presidente russo Vladmir Putin, è che il Pontefice ha voluto trasmettere un segnale di risposta tramite la sala stampa: "Il Santo Padre ha ricevuto la lettera del sindaco della Capitale ucraina ed è vicino alle sofferenze della città, alla sua gente, a chi ne è dovuto fuggire. Prega il Signore che siano protetti dalla violenza".
Insomma, la porta non è chiusa anche se le resistenze di Francesco sono profonde e stanno tutte nel desiderio di non compromettere del tutto i rapporti con il Patriarcato di Mosca. Intanto, in un annuncio che per molti cattolici è già di portata storica, rimandando alla profezia di Fatima, il Vaticano fa sapere che Francesco il 25 marzo, consacrerà la Russia e l’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria.