Roma, 2 dicembre 2022 - La mossa del procuratore federale Giuseppe Chinè, dopo l’apertura del fascicolo sul ’filone stipendi’ dell’inchiesta di Torino, è un termometro preciso sulla delicatezza del momento. Il capo degli 007 Figc ha deciso di condividere i faldoni recapitati dai magistrati torinesi con un solo collaboratore, suo fedelissimo. Un particolare apparentemente poco ’eccitante’, ma non per chi conosce ritmi e rituali della giustizia sportiva. La mossa – evitare spifferi (almeno da via Allegri) – è proporzionale alla complessità del momento. Ma procediamo con ordine.
Ne bis idem. Sono le tre parole in latino che, per ora, blindano la Juve da un nuovo processo per le plusvalenze. E cioè non si può essere processati due volte per lo stesso fatto. E la Juve (con altri 10 club) è già stata giudicata e assolta in via definitiva a maggio. Juve al sicuro dunque? Sì, se non emergono fatti nuovi rilevanti. No, invece, se dalle intercettazioni dovessero emergere conversazioni gravi e compromettenti. E cioè: nelle diverse inchieste sulle plusvalenze di questi ultimi anni, il punto di rottura è sempre lo stesso: chi può stabilire con esattezza il valore di un calciatore? In base a cosa? Proprio la soggettività della questione ha rappresentato la salvezza dei club. Attenzione però: nell’ipotesi in cui dovessero emergere conversazioni telefoniche compromettenti, tipo: "Questo giocatore vale 500mila euro, ma mettiamo 20 milioni per aggiustare il bilancio" allora sarebbero guai seri per la Juve e i club coinvolti.
Articolo 31. La stella polare dell’inchiesta stipendi, sul fronte sportivo, è l’articolo 31 del codice e cioè quello delle violazioni amministrative. Tendiamo a escludere il comma 2, il più scabroso e cioè la falsificazione di documenti per mettere a posto i conti e iscriversi al l campionato. Qui le sanzioni sarebbero pesantissime: penalizzazione, retrocessione ecc.
Sotto la lente l’accordo sulla riduzione delle mensilità di stipendio (4) in era Covid. Secondo l’accusa i giocatori rinunciarono a un solo stipendio recuperando poi gli altri tre. Situazione che avrebbe consentito alla Juve di portare a bilancio 90 milioni a fronte dei 22,3 che secondo l’accusa sarebbe la cifra reale. In questo caso il tariffario del comma 3 (violazione in materia di stipendi, premi) prevede ammenda o "uno o più punti di penalizzazione". Attenzione: la pena deve essere afflittiva. E cioè se la Juve si ritrovasse quarta in classifica e con la penalizzazione perdesse la qualificazione in Champions, ok. Ma nel caso fosse decima senza effetto penalizzante, la pena sarebbe spostata alla stagione seguente.