Firenze, 17 aprile 2022 - Più passa il tempo, più la guerra scatenata dalla Russia - che immaginava di cavarsela in 48-72 ore - verrà percepita in maniera diversa, non necessariamente purtroppo a favore dell’Ucraina. Un sondaggio dell’Ispi aiuta a capire perché. Il 60,4 per cento degli intervistati dice che la responsabilità principale della guerra è di Putin, c’è un 17,3 per cento che dice che è della Nato, il 4,5 per cento addirittura che è di Volodymyr Zelensky.
Il 17,4 per cento non sa che cosa rispondere. Secondo gli intervistati, in caso di aumento della violenza la Nato “non dovrebbe intervenire in nessun caso” secondo il 60,1 per cento. Quanto all’invio delle armi degli Stati dell’Ue in Ucraina: il 38,6 per cento è contrario, solo il 21,6 è a favore, solo il 9,1 per cento dice che dobbiamo inviarne sempre più potenti e il 23,7 per cento non sa. Mi pare che il dibattito pubblico stia degenerando, e il problema non è solo di alcuni media che hanno fatto da grancassa a certe posizioni. Il problema è più strutturale. Forse paghiamo decenni di sentimenti anti-occidentali, anti-americani, anti-europei. E forse c’è anche una pubblica opinione presa da altro perché, come dice Alessandro Di Battista, “non è la guerra nostra”. Non è nostra perché non siamo lì fisicamente o perché nessuno ha invaso noi, ma è nostra perché facciamo parte di una comunità alla quale sembra volersi richiamare anche l’Ucraina, nel suo tentativo di resistere alla Russia (e c’è da sperare che non tocchi a Finlandia e Svezia, desiderose adesso di entrare nella Nato). Quella Russia che schiera un esercito di macellai ben descritto da Anna Politkovskaja nella “Russia di Putin”, da pochi giorni tornato in libreria per Adelphi. Un libro lucidissimo che racconta con precisione e drammaticità molti aspetti dei primi anni del potere putiniano, a partire dalla violenza dei militari russi (il caso di Yuri Budanov è tragicamente esemplare). Saremo dunque anche comprensibilmente presi da altro (dalle bollette, dalla benzina, dall’emergenza sanitaria), ma mi pare che ci sia un problema più profondo; forse stiamo cercando di minimizzare il fatto che siamo un Paese attraversato da profondi sentimenti anti-Occidentali. In Parlamento non mancano forze politiche che interpretano bene questi sentimenti. Uno è il M5s, come ci conferma ancora una volta Gianluca Ferrara, capogruppo in Commissione Esteri e vicepresidente del M5s al Senato. Originario della Campania, è eletto in Toscana ed è direttore editoriale di Dissensi Edizioni (casa editrice con sede a Massarosa, Lucca).
Ieri sul Fatto quotidiano ha affermato che è in corso un “delirio militarista raccapricciante”, ma naturalmente non è quello di Vladimir Putin; il “delirio” è di chi sta aiutando gli Ucraini a difendersi. La soluzione di Ferrara è dunque la seguente: non far entrare l’Ucraina nella Nato, regalare regioni come il Donbass a Putin e promettere al Cremlino che la Nato smetterà di espandersi. Stupendo: mancano solo le scuse da parte degli Ucraini per aver messo i loro piedi sotto le scarpe di Putin. C’è bisogno di stupirsi ? No. Ma di essere preoccupati sì. “Viviamo in una sorta di Truman Show - scrive Ferrara nel suo blog sul Fatto quotidiano - ed è quindi di fondamentale importanza mostrare una realtà alternativa al pensiero unico dominante”. I famosi fatti alternativi.