RICCARDO JANNELLO
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Svizzera, i furbetti del cambio-sesso "In pensione prima come donna"

Il Paese elvetico semplifica l’iter per passare da un genere all’altro: bastano 72 euro e un breve colloquio. Ma c’è chi usa la norma solo per avere benefici. Il governo non interviene: teme accuse di transfobia

di Riccardo Jannello

Che cosa può succedere quando si capisce che un provvedimento all’avanguardia può creare problemi nella sua attuazione se lo stanno cominciando a chiedere gli svizzeri, che da un mese possono con un semplice colloquio di fronte a un funzionario dell’anagrafe nazionale decidere di cambiare sesso. L’interrogazione dura dieci minuti e, si dice, non va neppure a fondo di eventuali problemi pischiatrici o medici che l’aspirante transgender potrebbe invocare. Come non ha bisogno né di un certificato medico né di un documento che dimostri l’inizio di una terapia ormonale. Basta dire "mi sento donna" (o "mi sento uomo", nel criterio di parità assoluta fra i sessi), avere più di 16 anni – in caso di minori ci vuole il consenso di un tutore – rispondere a qualche domanda, pagare l’equivalente di 72 euro e i giochi sono fatti. Altro che procedure da cinque anni e più che in Italia bisogna affrontare per passare da uomo a donna o viceversa. Oltre a tutto il percorso psichiatrico e chirurgico che la cosa sottintende. D’altronde, seppure sia una cifra ridicola, nel Paese in cui il segreto bancario è il fondamento della Confederazione, anche quella piccola somma val bene qualche sacrificio etico.

La domanda iniziale se la stanno ponendo dopo che un 60enne ha fatto domanda di cambiamento di sesso anagrafico – accordatogli – solo per percepire un anno prima la Assicurazione per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità (Avs), primo pilastro del sistema di previdenza sociale statale. Una pensione di base – che prevede un assegno annuale fra i 13.480 e i 26.960 euro – con la quale si garantisce "il minimo vitale di sussistenza" e che agli uomini spetta al compimento dei 65 anni di età e alle donne ai 64. L’ex signore – residente nel Canton Lucerna – sarà quindi "agevolato" raggiungendo questa base un anno prima dei suoi amici convintamente maschi. Se poi lui-lei ha versamenti di previdenza professionale (Lpp, basta avere lavorato...) giunge al secondo pilastro della pensione che ulteriormente aumenta di valore se ci si aggiunge anche un’assicurazione privata. Il lucernese ha fatto sicuramente i suoi calcoli, ma approvando la legge che avrebbe consentito il passaggio "morbido" di sesso, le autorità svizzere avevano vagliato tutte le possibilità che questo provvedimento comportava? Problemi che non sono solo di ordine economico – quanti affermerebbero di essere donna pur di avere i soldi un anno prima? –, ma soprattutto di ordine sociale: tornando indietro su una materia che ha reso la Svizzera un Paese avanzato nelle questioni sessuali, rischierebbe di andare incontro ad accuse di transfobia. Già per pararsi da critiche precostituite, era stato chiesto ai funzionari dell’anagrafe una linea di condotta volutamente morbida nel valutare il passaggio di sesso: bastava in pratica capire se da parte del candidato c’era "discernimento" nell’affrontare la nuova condizione.

Ma basta per questo un colloquio di 10 minuti? Un primato, quello svizzero, condiviso con Spagna (che ha un limite ancora più basso, a 14 anni), Irlanda, Belgio, Portogallo e Norvegia dove basta l’autocertificazione (inoltre a Lisbona nei documenti c’è la possibilità di indicare oltre il genere maschile o femminile anche ’l’altro’); Grecia e Francia hanno anch’esse tolto l’obbligatorietà della chirurgia nel passaggio di sesso, ma hanno messo alcuni passaggi psicologici più stringenti e che rendono più complesso il cambiamento di genere.