{{IMG_SX}}Arezzo, 19 giugno 2008 - L’hanno visto allo stadio attorno alle 11 con a fianco alcuni sconosciuti (agenti in borghese, evidentemente). Si sono chiusi tutti in una stanzetta della sede, poi sono usciti, hanno salutato e si sono allontanati in auto. Solo dopo si è saputo che Piero Mancini, 60 anni, presidente dell’Arezzo calcio, squadra di C1, imprenditore con la fama del self-made-man, a capo di un impero economico da 1500 dipendenti, era stato arrestato. E con lui è finito in carcere anche il nipote, Giovanni Cappietti, 46 anni, amministratore delegato della società amaranto nonché ex amministratore unico di 'Flynet', la compagnia telefonica che è al centro della bufera, dell’inchiesta condotta dai pm Paolo Canessa e Giulio Monferini, della procura di Firenze. Finanzieri e poliziotti, che hanno svolto le indagini sul campo, gli hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare a casa, dove era solo con il padre. Anche Mancini era ancora nella sua villa alla periferia della città quando sono arrivati gli investigatori. Nel blitz altri sedici arresti in tutta Italia, una decina le società coinvolte. In manette pure un altro dirigente di 'Flynet', mentre un quarto è ancora ricercato.

 

Tutti sono accusati di associazione a delinquere, gli altri reati variano a seconda delle posizioni. Si va dalla frode informatica al riciclaggio e alla truffa. Il meccanismo alla base delle indagini riguarda il legame che sarebbe stato accertato fra società che offrono servizi Internet, come 'Flynet', e le telefonate o i collegamenti al web deviate, secondo l’ipotesi d’accusa, su numeri 899 a tariffazione maggiorata. In alcuni casi l’utente ignaro di tutto avrebbe pagato fino a 12,50 euro per una sola risposta. I 'furbetti' della cornetta, insomma, almeno nella ricostruzione della procura.

 

Alla base di tutto la truffa e la frode informatica, i cui proventi sarebbero stati poi reinvestiti, concretizzando il terzo reato, il più grave dal punto di vista penale, quello del riciclaggio. Dal primo pomeriggio Mancini e Cappietti sono rinchiusi nel carcere di San Benedetto, in isolamento, col divieto di parlare persino con il loro avvocato, Antonio D’Avirro, fino all’interrogatorio di garanzia, che il legale sta cercando di accelerare il più possibile. In cella anche Andrea Lanari, pure lui dirigente di 'Flynet'. Nell’inchiesta c’è poi una coda aretina, condotta dal pm Roberto Rossi, che però si è limitato a inviare avvisi di garanzia, senza procedere con le manette.

 

Mancini, presidente dell’Arezzo dal 2000, è davvero il classico uomo che si è fatto da solo. All’inizio con un’aziendina di pali telefonici, che è diventata via via il colosso di adesso, controllato dal 'Mancini group' e di cui fanno parte aziende di impiantistica telefonica come la Ciet, imprese edili, società metalmeccaniche. Gli interessi del patron amaranto vanno da Arezzo alla Sicilia, con propaggini anche all’estero, in particolare nei paesi dell’Est. Nella 'Flynet' era diventato amministratore unico solo da pochi mesi, prendendo il posto del nipote Cappietti, commercialista molto conosciuto in città.

 

Nell’era del sanguigno Mancini (dal 2000 ha cambiato ben diciannove allenatori) l’Arezzo (affidato da ieri a Jessica, la giovane figlia) è passato dalla C1 alla B per poi riprecipitare nella categoria inferiore, anche per gli effetti dello scandalo di Calciopoli, in cui la società amaranto fu penalizzata di sei punti. Da mesi il presidente è al centro di un clamoroso processo, conosciuto come 'Variantopoli', in cui è accusato di avere corrotto un consigliere comunale per averlo a disposizione del gruppo nelle sue esigenze. La sentenza (coperta dall’indulto) era attesa per la prossima settimana, il blitz è arrivato prima.