
Costantino
Arezzo 29 giugno 2017 _ E' nobile, è simpatico, è diventato un personaggio televisivo e ha uno zio che vive ad Arezzo, Gaddo, che ha ristrutturato Palazzo Guillichini dove una volta c'era il cinema Corso. E' Costantino della Gherardesca, il conduttore di Pechino Express, solo per ricordare uno dei suoi programmi. Il rampollo di sangue blu sarà ospite stasera alle 21 del Giardino delle idee nel giardino pensile del palazzo della Provincia in via Ricasoli ad Arezzo dove presnterà il suo libro "Punto" che qui, nel suo intervento, spiega perché lo ha scritto.
"La comicità è la veste diplomatica dell’orrore. Il più delle volte, se qualcuno è in grado di farci ridere, è perché ha l’abilità di rendere presentabile qualcosa di terribilmente osceno. E’ una regola che vale un po’ per tutte le manifestazioni del comico. E, che si tratti delle più alta e glaciale forma di humor nero o di una raffica di scoregge, non fa alcuna differenza. Io stesso, operaio dell’entertainment, subisco il fascino di entrambe, ma non ho capito quale delle due rispecchi con maggiore fedeltà la mia vera natura: se da una parte sono istintivamente attratto da una televisione tanto sofisticata e contorta da sfociare nella videoarte, è anche vero che non resisto a un programma in cui povere vittime dello spietato sistema di selezione del mondo dello spettacolo sono costrette a masticare scorpioni e cervella di scimmia. E ammetto che addirittura l’idea di essere io stesso quella vittima sacrificale non mi disturba affatto. Nei miei sogni più sfrenati, infatti, il coronamento della mia carriera non è la conduzione di un vanitoso programmino culturale, ma la mia trasformazione in buffone tour court. Se solo vivessi in un Paese più civile e progressista, oggi non dovrei sforzarmi per fare della faticosissima televisione intelligente, ma sarei profumatamente pagato per andare in scena vestito come un clown, in uno di quegli allucinanti quiz show giapponesi. Il mio conto in banca risorgerebbe dalle sue ceneri come una fenice, e io non dovrei fare altro che piazzarmi davanti alla telecamera e mangiare un piattone di spaghetti al pomodoro, mentre risate preregistrate sottolineano istericamente ogni nuova patacca di sugo sul mio tutone da pagliaccio. Che meraviglia! E invece vivo qui in Italia, in un regime di continuo ricatto etico, dove se non hai un volto funereo passi per un idiota; dove si fanno ancora ridicoli parallelismi tra povertà e virtù e, se provi a contestarli, ti vomitano addosso concetti abominevoli come la bellezza interiore; dove, per poter vivere di rendita come meriterei, dovrei fiondarmi su ogni notizia drammatica con la teatralità di una novella Lotte Lenya, e ritagliarmi un ruolo fisso nel circuito mediatico della tragedia del giorno. Ecco pechè ho voluto scrivere un libro, per prendere definitivamente e pubblicamente le distanze da una scala di valori ch non mi appartiene in alcun modo e per proporne una alternativa".