
La copia del cratere di Eufronio con Maria Gatto e Stefano Casciu
Arezzo 1 marzo 2019 - Il cratere di Eufronio è la vera stella del Museo Archeologico. Il suo gemello è stato restituito dagli americani all’Italia nel 2008 al Museo di Vulci dopo che era stato saccheggiato intorno al 1971 da una tomba etrusca a Cerveteri e venduto per un milione di dollari al Metropolitan Museum di New York. L’altro è qui ad Arezzo, acquistato da un signore etrusco per custodirne le sue ceneri, trovato in frantumi (53 pezzi), restaurato, passato dalla famiglia Bacci che lo ha posseduto almeno dal 1723 poi passato alla Fraternjta dei laici nel 1850 e infine esposto dal 1936 al Museo Archeologico. Un “gioiello” che il presidente della repubblica Mattarella ha richiesto al Quirinale per la mostra che aprirà il 3 maggio dedicata alla fondazione del Comando dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale e che qui resterà fino al 14 luglio.
L’annuncio è stato dato dal direttore del Polo Museale della Toscana Stefano Casciu e dalla direttrice dell’Archeologico Maria Gatto all’inaugurazione della mostra al museo archeologico che mette a confronto il Cratere del ceramologo ateniese Eufronio del 510 a.C con la copia che Alessandro Del Vita realizzò nel suo laboratorio di ceramica di via Garibaldi nei primi anni del Novecento. Un omaggio a quello che era una volta l’oro di Arezzo, la ceramica a figure rosse e i vasi corallini, esempio di abilità artigiana e tecnica che Del Vita volle riprodurre creando capolavori ispirati all’arte attica ed etrusca. Sì perché il cratere di Eufronio fu ammirato dai viaggiatori del Gran Tour quando era esposto nel museo Bacci di piazzetta della Fioraia nell’Ottocento, e lo disegnarono portando questa “meravigliosa bellezza” e il nome di Arezzo, già allora, nel mondo. La mostra, dedicata a due “pionieri”, che durerà fino al 2 giugno, apre una pagina di storia su quest’opera con una pubblicazione con scritti di Maria Gatto, Mario Iozzo, Andrea Gucci e Valentino Minocchi che ne racconta origini, da quando secondo gli studi del Gamurini venne trovato durante uno scavo nella campagna aretina, passaggi, testimonianze storiche, le varie fase di restauro tra cui l’ultima negli anni Ottanta e il significato dei suoi disegni tra cui il graffito, forse una alpha e una zeta le iniziali del nome di un mercante probabilmente etrusco, sotto il piede del viso che lo attesterebbe proveniente da Vulci che era centro di smistamento dei vasi attici verso l’Etruria. Inoltre le foto ad altissima risoluzione che Massimo Chimenti ha realizzato per la mostra ”Vasimania” a Casa Buonarroti a Firenze che ha visto il vaso aretino uscire da Arezzo per la prima volta a dicembre per un prestito, ne rivela particolari inediti.
Tutto fedelmente riprodotto nella copia di Del Vita che apre sua volta un’altra pagina di storia aretina ricordando l’attività dello storico, grande studioso di Vasari grazie al quale venne acquisito l’Archivio delle carte di Vasari, ma anche raffinato ceramologo che nel 1919 fondò la sua bottega Arretina Ars, poi distrutta dai bombardamenti. Documenti, frammenti, scritti e gli studi del Gamurrini lo raccontano. «La grande incertezza che avevano gli stessi archeologi derivava più che altro dalla mancanza assoluta di conoscenza tecnica generale dell’arte della ceramica - scrive Del Vita - se si voleva conoscere veramente la tecnica di quei vasi, occorreva tentare di rifarli». Così apre l’attività dietro la chiesa di S.Agostino diretta dal castiglionese Antonio Brogi a cui si aggiungerà in società anche il fratello di Del Vita, Antonio. I vasi vengono cotti e dipinti, ci sono successi come la riproduzione del vaso Francois di Firenze e fallimenti come lo scoppio dei vasi durante la cottura, ma la bottega cresce, diventa scuola per apprendisti e ogni riproduzione è una sfida.
E su quella scia un altro ceramista aretino, Alighiero Nofri, in questi anni ha riprodotto i vasi corallini e che ora ha deciso di donare al Museo Archeologico aretino gli stampi e i punzoni originali ricevuti da Antonio Del Vita, fratello di Alessandro, provenienti dall’antica bottega. “Un progetto che è cresciuto via via che lo mettevano a punti - ha ammesso la direttrice Gatto - e che ci ma messo più volte sulla nostra strada la figura di del Vita al quale dovevamo questa mostra e al quale la città deve molto ”.
La mostra al museo sarà aperta dal lunedì al sabato dalle 8,30 alle 19,30, a ingresso gratuito domenica 3 marzo coe tutte le prime domeniche del mese. Ingresso gratuito per le scuole. E' possibile acquistare biglietto cumulativo per Museo Archeologico, Anfiteatro Romano, Basilica di San Francesco e Casa Vasari.