A Gaza per salvare i bimbi. Medici e infermieri nell’inferno della striscia: "In una sporta la loro vita"

Tre operatori sanitari nella missione che ha riportato 16 piccoli palestinesi "Ognuno di loro aveva subito un lutto, ma sorridevano per l’emozione". Alcuni avevano patologie croniche, altri erano feriti dai bombardamenti. .

A Gaza per salvare i bimbi. Medici e infermieri nell’inferno della striscia: "In una sporta la loro vita"

Francesco Donati, il secondo da sinistra, ha preso parte alla missione

"Lavoro al pronto soccorso, sono abituato alle emergenze, ma quello che ho trovato una volta arrivato al Cairo mi ha colpito". A parlare è Francesco Donati, medico aretino del 118 e del pronto soccorso all’ospedale di Bibbiena. Insieme ad altri operatori sanitari del 118 della Asl Toscana Sud Est è volato a bordo sul C-130 dell’Aeronautica militare che mercoledì scorso è atterrato al Cairo per portare in Italia 16 bambini palestinesi di Gaza con patologie croniche e con ferite provocate dai bombardamenti. Insieme a Francesco Donati c’erano anche Antoine Belperio di Arezzo e Michele Cerretani di Grosseto che hanno raccolto l’invito proveniente dalla Cross di Pistoia, la centrale remota per le operazioni di soccorso sanitario che opera dalla città toscana e che è una delle due strutture presenti in Italia (l’altra è a Torino). Sul volo anche volontari di Anpas, Misericordia e Croce Rossa toscana.

La missione Medevac promossa dalla Cross di Torino e Regione Toscana ha visto il coinvolgimento degli operatori sanitari delle tre Asl toscane e del Meyer per portare in Italia 16 bambini di Gaza, quattro dei quali sono stati trasferiti al Meyer mentre gli altri dodici sono andati a Torino, Milano, Bergamo, Bologna, Ancona, Trieste, Terni e Perugia. Il ritorno in Italia ieri pomeriggio con due aerei, quello dell’Aeronautica Militare e un Atr della Guardia di Finanza, atterrati giovedì pomeriggio all’aeroporto di Bologna. In totale 36 persone tra parenti e pazienti (16) che adesso si trovano in vari ospedali italiani tra cui il Meyer.

"Un anno fa avevo dato la mia disponibilità a svolgere missioni come questa - racconta Francesco - il mese scorso ho ricevuto la telefonata che mi ha messo in allerta. Mercoledì siamo così partiti alla volta di Pisa per poi volare verso Il Cairo. Qui abbiamo dovuto svolgere varie pratiche burocratiche oltre che poter entrare in contatto con i pazienti".

Di che età?

"Dai sette mesi fino ai 16 anni - racconta Francesco - un medico dell’ospedale pediatrico Meyer, Simone Pancani, prima di partire ci aveva anticipato cosa avremmo trovato, quali patologie presentavano bambini e bambine. Alcune veramente gravi, frutto anche dei bombardamenti che hanno interessato il territorio palestinese. È stato un impatto emotivo davvero forte. Il supporto delle mediatrici culturali messe a disposizione dalle associazioni di volontariato è stato fondamentale per dialogare con persone che parlano soltanto l’arabo".

Cosa l’ha colpita maggiormente?

"Vedere queste persone partire con poche cose, una sportina in cui era contenuta tutta la loro vita. Persone che, pur di fuggire dalla guerra, sono disposte ad andare ovunque anche se molti di loro non sapevano neppure dove fosse l’Italia. E poi il sorriso dei bambini, il loro entusiamo per un palloncino, la voglia di giocare e l’emozione del loro primo volo in aereo".

Matteo Marzotti