GLORIA PERUZZI
Cronaca

Abdou M.Diouf: Da Senegal ad Arezzo, un Viaggio tra Scienza e Scrittura

Abdou M.Diouf, biologo e scrittore, racconta il suo percorso da Senegal ad Arezzo, tra scienza, sport e cittadinanza.

Abdou M.Diouf aveva cinque anni quando, nel 1994, arriva in città con la madre e la sorella per raggiungere il padre. Oggi è biologo molecolare e si racconta

Abdou M.Diouf aveva cinque anni quando, nel 1994, arriva in città con la madre e la sorella per raggiungere il padre. Oggi è biologo molecolare e si racconta

"La neve non l’avevo mai vista prima. Quando siamo arrivati ad Arezzo e nevicava, mi è sembrato qualcosa di magico". Nato in Senegal e cresciuto ad Arezzo, Abdou M.Diouf aveva cinque anni quando, nel dicembre del 1994, arriva in città con la madre e la sorella per raggiungere il padre. Oggi Abdou è biologo molecolare, giornalista scientifico, pallavolista e scrittore. Ha pubblicato i romanzi "È sempre estate" e "Il pianista del Teranga" (goWare edizioni).

Da bambino, cosa sognava di diventare, Diouf? "Un calciatore. Giocavo nella Tuscar ed era il mio sogno più bello". Invece è diventato biologo, pallavolista e scrittore. "Guardando indietro, tutto ha un senso, anche se allora mi sembrava scollegato. Facevo l’Itis ad Arezzo, non ero brillante in biologia e nemmeno in italiano. Poi, all’università, è scattato qualcosa".

E, tutto si è intrecciato. "Spesso siamo noi a mettere dei confini, ma ad esempio le mie esperienze all’Istituto Superiore di Sanità e alla Treccani, i massimi riferimenti sulla scienza e sulla cultura in Italia, sto cercando di unirle in un progetto che sto sviluppando".

In mezzo, la pallavolo. "Giocare da professionista mi ha dato la possibilità di mantenermi gli studi, avere tempo per scrivere e mi ha insegnato lo spirito di collaborazione, quello che cerco anche nel mondo del lavoro".

Lasciare Arezzo è stato difficile? "Non è stato un distacco netto. Torno meno spesso, ma lì ci sono la mia famiglia e gli amici più cari".

L’Italia è ancora il ‘Belpaese’ del suo primo libro? "All’estero avrei più opportunità professionali, ma sento di appartenere all’Italia e qui voglio costruire il mio futuro".

Qual è stato l’ostacolo più grande? "Ottenere la cittadinanza italiana. È arrivata a trent’anni, precludendomi opportunità come il concorso nella Polizia Scientifica che avrei tanto voluto fare. Purtroppo la politica se ne occupa saltuariamente, invece è una questione concreta".

Diritti che cambiano il destino di una persona. "Pensiamo alla libertà di movimento di un italiano e agli ostacoli che affronta un senegalese per ottenere un visto. Guardare oltre la narrazione mediatica dell’immigrazione significa riconoscere queste disparità, cercare di comprendere perchè milioni di profughi ucraini vengono accolti con tanta solidarietà mentre fanno paura le poche centinaia di persone che arrivano con i barconi".

Ha scritto che ‘l’Africa non è un laboratorio’. Cosa intendeva? "Durante il Covid, molti test sono stati condotti in Africa con l’idea che ‘tanto non hanno nulla da perdere’. Ma l’Africa ha ricercatori eccellenti. Bisognerebbe investire in collaborazioni, non solo in studi condotti dall’Occidente".

Ci sta lavorando? "Sì, a programmi di cooperazione tra ricercatori italiani e senegalesi. Se un giovane può partire con una borsa di studio anziché con un barcone, abbiamo già risolto un problema".

Cosa le piace della divulgazione scientifica? "Semplificare concetti complessi e vedere lo stupore nei ragazzi. Spero di essere un modello per le seconde generazioni". Perchè? "Se da piccolo avessi visto un biologo africano, avrei capito prima che quel percorso era possibile anche per me".

Il prossimo romanzo? "Non ho scadenze, ma ci sto lavorando. Intanto ho scritto testi di divulgazione scientifica, come ‘Atlante degli alberi altrove’ per il centenario del maestro Manzi, in cui ho raccontato gli alberi del Senegal".

Ha un luogo cuore ad Arezzo? "Piazza San Jacopo, ho vissuto lì i miei primi anni".

Cosa non le piace della città? "La mancanza di eventi multiculturali".

Un ricordo legato ad Arezzo? "‘La vita è bella’ di Benigni, nella mia scuola, la Gamurrini, alcuni compagni furono scelti come comparse e io no. All’epoca ci rimasi male, poi ho capito che la mia partecipazione sarebbe stata un falso storico. Sorrido se ci ripenso oggi. Un altro, è legato al progetto musicale ‘Mare di Mezzo’ per il quale ho girato un video".