ERIKA PONTINI
Cronaca

Addio ad Antonio Zucchi, il signore dell’oro La sua morte riservata, così come tutta la vita

L’ex proprietario della Unoaerre si è spento a 81 anni circondato dall’affetto della moglie Carla e dei figli Marco e Gianluca

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di Erika Pontini

AREZZO

Se ne è andato come era vissuto, senza voler suscitare clamore. Nonostante una vita trascorsa alla ribalta per un cognome che ad Arezzo, e nel mondo, ha sempre significato oro, non ha rinunciato alla sua impronta attenta e riservata. Ma senza mai abdicare alla curiosità per l’arte, l’economia e la dinamica politica.

Antonio Zucchi, 81 anni (era nato nel giugno del ’40) è morto circondato dall’affetto dei suoi cari, la moglie Carla, già attivissima dirigente di Confcommercio e i figli Marco e Gianluca. Si è spento venerdì ma la famiglia ha voluto blindare la notizia: solo a esequie avvenute ha condiviso con amici e colleghi di una vita che Antonio non c’era più. Quel senso di smarrimento per un’epoca andata ha raggiunto la nuova generazione di imprenditori dell’oro proprio all’appuntamento più importante, la Fiera di Vicenza.

Zucchi, commendatore dal ’76, era figlio di quel Carlo (e nipote dell’artigiano orafo Antonio) che, insieme al senese Leopoldo Gori fondò nel 1926 la Gori&Zucchi, antesignana di mamma Unoaerre (dal numero uno della prima iscrizione alla Camera di commercio), per la fabbricazione e la commercializzazione di oreficerie. Lui, insieme a Vittorio Gori, rappresentò il primo anello della moderna oreficeria e portò avanti la grande sfida imponendosi sul mercato mondiale. Ma l’impegno di Antonio – superata la spinosa questione della P2 – è stato anche di carattere associativo : dal ’94 al ’99 presidente dell’Associazione industriali di Arezzo e dal 2005 a capo di Federorafi. Di quegli anni sono i progetti per i collegamenti tra la Due Mari e la E 78: la carenza infrastrutturale era già un dramma, e la creazione di Impresa donna per l’imprenditoria in rosa. Quando ancora le donne non rappresentavano un reale investimento sul futuro. Tra il ’96 e il ’99 Zucchi fu anche consigliere di Bnl.

Il capitano di impresa è stato anche uomo attento a fare del bene ma nel suo stile: senza ostentare. Fu il primo a scommettere sul progetto Rondine quando la Cittadella della pace non era ancora un sogno possibile. Finanziò il primo viaggio nell’allora Unione sovietica: era l’era del ’Muro’ di Berlino quando il team di Franco Vaccari portò in scena lo spettacolo su San Francesco di Assisi e lo dovette fare in segreto. Zucchi si impegnò anche con il Ceis (Centro italiano di solidarietà) che, da sempre, è attivo nel recupero di giovani caduti nel tunnel della droga. Parallelamente avanzò con il colosso Unoaerre fino al passo indietro di Gori e alla decisione di vendere la maggioranza ad un fondo della Deutsche Bank. Il patron cambiò poi idea e se la riprese. Ma stavolta non fu un successo. Il gruppo fu attraversato da una profonda crisi che lo costrinse al concordato preventivo e al salvataggio targato Sergio Squarcialupi. Dopo quasi un secolo di storia il nome degli Zucchi scivolò via dalla governance dell’azienda. Non dalla scena economica aretina, avendo continuato insieme ai figli l’impegno in un’altra azienda, la Costanter Pulinova. Negli ultimi anni Antonio Zucchi si era ritirato a vita privata mantenendo però quella curiosità per le dinamiche sociali e culturali di una città che forse, alla fine, non ha saputo restituirgli ciò che lui aveva dato. Un’impronta, per lui amara.