REDAZIONE AREZZO

Addio Pippo: folla al funerale di Sbardellati. "Nonno, sei il mio eroe" scrive la nipotina

C'era tutto il paese, c'era il sindaco e c'erano i suoi predecessori, c'erano le bandiere del Carnevale: e la famiglia spezzata dal dolore. Tutti all'addio al nostro storico collaboratore da Foiano, Cortona e dall'intera Valdichiana.

Il bacio della nipote a Sbardellati

Il bacio della nipote a Sbardellati

Arezzo, 27 gennaio 2015 - C'era tutto il paese: come se volesse ricambiargli le attenzioni che lui gli ha riservato per un'intera vita. Giancarlo Sbardellati, "Pippo" e il soprannome fatalmente scappa anche all'arciprete durante l'omelia, la sua Foiano l'ha raccontata per anni e anni: e Foiano è venuta a dirgli addio.

Foiano ma anche Cortona. La gente e le autorità: i sindaci alternatisi alla guida di Foiano c'erano tutti e così il popolo del Carnevale, gli uomini forti dei quartieri. Che domenica usciranno con la loro prima sfilata e insieme con un magone che neanche il sorriso di Re Giocondo riuscirà a cancellare. Perché la festa stavolta non avrà il suo Giancarlo a raccontarla.

"Nonno, sei il mio eroe": la nipote Simona legge le parole pensate per lui dalla nipotina Irene. Un saluto accorato, la promessa di non dimenticarlo e insieme quella "di continuare a chiedergli consiglio" ogni volta che ne avrà bisogno. La voce di Simona è spezzata, la gente in giro ha gli occhi lucidi: e tutto si traduce in un applauso, che lo accoglie all'uscita.

Quando il feretro viene preso come in braccio, caricato sull'auto che lo accompagna verso il cimitero. Dietro la gente a piedi, la moglie, la figlia, i suoi studenti delle medie, le bandiere del Carnevale. L'ultimo Carnevale di Pippo, il primo che non potrà raccontare sulle colonne del nostro giornale. Lo faremo per lui, lo faremo al suo posto. Perché sappiamo quanto ci tenesse. Perché il sorriso era la sua cifra: e riportarlo a galla è il modo migliore per tirare uno scherzo (magari di Carnevale...) perfino alla morte.

CHI ERA "PIPPO" SBARDELLATI. Di quel grande e solido edificio che è La Nazione, nel caso specifico la redazione aretina, era una delle colonne portanti. Purtroppo, nel tempo, anche le colonne cedono e anche lui, Giancarlo Sbardellati, non c'è più. Ieri se ne è andato in silenzio, dopo aver combattuto una lunga quanto impossibile partita contro la solita malattia incurabile. La stessa che, a ottobre, si era portata via un altro pezzo di storia di questo giornale, Massimo Benigni, più o meno coetaneo di Giancarlo, che è morto a 75 anni, nell'ospedale di Foiano in cui ha lottato fino all'ultimo: "Fra poco comincia il carnevale di Foiano e io devo esserci", aveva detto in uno degli ultimi colloqui col giornale, ma la sorte non gli ha concesso di esaudire quest'ultimo desiderio.

La collaborazione di Sbardellati con La Nazione affonda in anni ormai remoti, così tanti che è persino difficile quantificare. Tutti noi delle generazioni che attualmente costituiscono la redazione lo abbiamo già trovato al suo posto di corrispondente prima da Foiano e poi da Cortona e dall'intera Valdichiana. C'era già quando le pagine di provincia venivano ancora composte a Firenze, alla fine degli anni '70, e da allora è stato una sicurezza, un punto di riferimento per chiunque di noi avesse bisogno di un contatto, di un chiarimento, di un articolo riguardare la zona di sua competenza. Conosceva tutti, era capace di venire a capo delle situazioni più intricate.

Quattro passioni su tutte: il suo Foiano calcio, che ha seguito negli alti e bassi, quando era arrivato ai vertici del calcio provinciale, in serie D, e quando poi era sprofondato fino in seconda categoria, l'amatissima Inter, oggetto di interminabili discussioni e sfottò la domenica sera e il lunedì mattina, il carnevale, del quale è stato uno storico presidente, e la sua famiglia, la moglie Marietta, la figlia Micaela, e le nipoti Irene e Aurora.

Per La Nazione ha seguito nel corso degli anni tutti i grandi eventi avvenuti a Foiano e in Valdichiana. Viene da ricordare il caso clamoroso del carabiniere di Foiano che fu fulminato alla fine degli anni '80, sulla porta della caserma, ma vengono alla mente omicidi e casi di cronaca di ogni genere. Era anche un attento cronista di bianca e della politica, un'altra sua passione, coltivata ai tempi della democrazia cristiana, di cui era stato capogruppo in consiglio comunale, dopo aver fatto parte, da impiegato e per conto della Cisl, del consiglio di fabbrica che seguì l'interminabile e disgraziatissima vertenza della Sacfem.

Quando, dalla metà degli anni '90, La Nazione chiese alla sua rete di corrispondenti sul territorio uno scatto di qualità, dal semplice pezzo di cronaca a più complessi servizi di inchiesta sul territorio, Giancarlo fu uno dei primi a rispondere, con la sua consueta verve e con l'onestà e la qualità che gli erano caratteristiche. Anche per questo non possiamo che ricordarlo con affetto e stima immutati anche in questo momento terribile. Che la terra possa esserti leggera, caro Giancarlo.