Arezzo, 25 maggio 2019 - L’INCUBO dei ragazzini è rimasto muto come un pesce. Davanti al Gip Angela Avila, e alla persenza del suo avvocato Andrea Palazzeschi di Firenze, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Una scelta difensiva dettata dall'avvocato Andrea Palazzeschi, che aspetta di avere a disposizione le carte dell'inchiesta prima di accettare l'interrogatorio.
Nemmeno una parola sugli agguati tesi all’uscita delle scuole: diciotto rapine in totale, quattro in più di quelle che gli erano state contestate al momento dell’arresto. E’ successo infatti che quando la notizia del fermo ha iniziato a circolare, altri ragazzini si siano presentati in questura in compagnia dei genitori, «anche noi siamo sue vittime» hanno raccontato con dovizia di particolari. Nei primi quattordici casi c'è il riconoscimento da parte delle vittime delle foto segnalatiche del kosovaro, negli ultimi quattro, quelli venuti alla luce dopo l'arresto, siamo invece ancora in una fase preliminare.
LA STRATEGIA difensiva pare già delineata. Oltre al ricorso alla facoltà di non rispondere, l’avvocato del ventenne kosovaro residente a Subbiano è prono ad avanzare richiesta di arresti domiciliari, misura meno punitiva per il focoso giovanotto che nonostante l’età ancora tenera ha alle spalle una lista di precedenti lunga così. Ad assicurarlo alla giustizia e a una cella di san Benedetto è stata la squadra mobile guidata dal dirigente Francesco Morselli.
Gli agenti lo hanno preso alla stazione mentre con il trenino del Casentino si accingeva a tornare al suo paese. Non sapeva che la polizia lo stava tenendo d’occhio da tempo e che aspettava solo l’occasione per far tintinnare le manette in flagranza di reato, dopo le ben quattordici rapine violente già commesse ai danni di studenti delle scuole superiore e delle medie, in un caso anche verso un bambino di dodici anni. Prima dell’ennesimo colpo era però arrivata l’ordinanza di custodia cautelare dal Gip Angela Avila, così i poliziotti l’hanno notificata portando subito in carcere il ragazzo.
DA CIRCA due settimane il kosovaro seguiva gli studenti, aspettava che fossero soli, li minacciava e in alcuni casi anche li aggrediva. A un diciannovenne aveva addirittura rotto il naso con un cazzotto, voleva a tutti i costi il suo cellulare. Agiva in via XXV Aprile al parco Giotto, in viale Michelangelo, al sottopasso di via Trasimeno, sempre nei dintorni di importanti scuole cittadine.