Arezzo, 7 marzo 2022 - Cinque anni di carcere per Piero Mancini: è la richiesta con la quale il Pm Marco Dioni ha completato la sua requisitoria sull'accusa di bancarotta fraudolenta a carico dell'ex presidente amaranto e leader del gruppo.

Una richiesta pesante, che Mancini ha sentito in diretta, essendo presente in Tribunale. Il Pm ha invece chiesto l'assoluzione per la figlia Jessica e Giovanni Cappietti, suo braccio destro anche nella gestione dell'Arezzo.
Una condanna minore, due anni e tre mesi, è stata invece richiesta per due collaboratori del gruppo, Paolo Grotti e Augusto Sorvillo. Ora si apre la fase delle arringhe dei difensori.
La "buccia di banana", come avevamo anticipato, è quella dei milioni finiti proprio all'Arezzo calcio. 13 milioni entrati nelle casse dell’Arezzo e serviti a mantenerlo fra serie B e serie C.
Nelle scorse settimane era stata depositata la superperizia tecnica alla quale il tribunale ha legato almeno in parte l’esito finale e lì appunto è emersa la grana dei finanziamenti agli amaranto. Se infatti per molti dei capi di imputazione la perizia non si sbilancia in giudizi definitivi, sui soldi all’Arezzo il pronunciamento è pesante. In sostanza, i 13 milioni girati ad Arezzo Immagine, società del gruppo che era la vera cassaforte dell’Arezzo Calcio, erano compresi fra i 28 che la Ciet impianti, principale azienda industriale del patron, girò a Mancini Group, la holding finanziaria, e che poi vennero in parte trasferiti nelle attività pallonare.
Ma Arezzo Immagine, all’epoca, deteneva solo il 10 per cento delle quote azionarie amaranto, con il resto intestato personalmente al presidentissimo. E allora perchè pagò somme così elevate? Piero Mancini deve rispondere anche di un milione e spiccioli che avrebbe prelevato dalle casse per sue esigenze personali.
A ottobre una sentenza del giudice Stefano Nisticò ha assolto l’ex presidente dall’accusa di evasione fiscale per questa cifra, che non sarebbe finita quindi nelle sue tasche. E tuttavia, anche sulla base di un file excel con una sorta di contabilità non ufficiale, nemmeno quel verdetto esclude che la somma sia rimasta nella disponibilità (non nel reddito) di Mancini per altre esigenze aziendali.
C’è infine il grosso delle accuse di bancarotta, che vede coinvolti anche la figlia di Mancini Jessica, il nipote Giovanni Cappietti e altri dirigenti. Nei confronti dei primi due, dicevamo, lo stesso Pm ha chiesto l'assoluzione, per gli altri una condanna sotto i tre anni. Distrazioni che sarebbero servite a sanare la contabilità infragruppo: 30 milioni dalla Ciet, 15 dal Mancini Group, 13 dalla Mancini Real Estate, 3 dalla Cometi. Una sessantina di milioni in tutto per un maxi-crac.