Arezzo, 27 agosto 2022 - Stop allo smart working. Il rientro dalle ferie per molti lavoratori segna anche la fine del lavoro agile. Una pratica salita agli onori della cronaca in piena pandemia che ha permesso a imprenditori e dipendenti di fare di necessità virtù. Dal 1 settembre si torna in ufficio. Se prima dell’emergenza Covid in tutta la provincia di Arezzo era solo il 5% del totale dei lavoratori impiegati nello smart working, nel picco pandemico la percentuale è salita tra il 30 e il 50%, con le aziende più strutturate che hanno occupato nel lavoro agile anche più della metà dei dipendenti. E adesso che l’emergenza è finita? Ancora oggi in tutta la provincia di Arezzo tra il 15 e il 20% della popolazione lavorativa è dedita allo smart working. Con picchi molto più alti nelle industrie e nelle aziende strutturate. Dal 1 settembre tutto è destinato a cambiare di nuovo con il regime semplificato che sarà quasi del tutto archiviato. Fatta eccezione per quelle aziende e quei settori che hanno in passato contrattualizzato lo smart working.
“L’argomento lavoro agile è complesso, la pandemia ha aumentato il ricorso allo smart working, che prima del Covid utilizzavano solo alcune grosse multinazionali con forte vocazione impiegatizia – dice il segretario della Cgil di Arezzo Alessandro Tracchi – già prima del Covid i sindacati non erano contrari al lavoro agile ma era determinante avere regole: individuare ore di lavoro, luogo, diritto alla disconnessione, postazione funzionale, sicurezza, rimborso spese per connessione, elettricità, riscaldamento. In sostanza in base ai contratti collettivi, anche nel lavoro da casa devono essere mantenuti gli stessi e trattamenti. Questi erano i temi principali su cui i sindacati avevano aperto un dialogo, non contrari a un sistema di conciliazione di lavoro e famiglia. Prima della pandemia queste forme di lavoro non superavano nei picchi il 5% della forza lavoro complessiva in provincia”. “Con la necessità del distanziamento sociale – prosegue il segretario della Cgil - molte aziende soprattutto nella parte impiegatizia, hanno adottato questa formula e lo smart working in provincia tra aprile e settembre 2020 ha raggiunto anche il 50% della popolazione lavorativa. Oggi che l’emergenza è finita ma che il lavoro agile è consentito, ci sono aziende che continuano a usarlo per evitare sovraffollamento degli uffici o isolare i positivi: siamo tra il 15 e il 20% del totale della popolazione lavorativa in smart workign. Ma restano alcuni settori che vanno anche oltre utilizzandolo per più del 35%, soprattutto le aziende strutturate industriali e commerciali”.
Cosa succederà dal 1 settembre? “Quando la legislazione non favorirà più lo smart working – continua Tracchi – e in assenza di una normativa rigida, il rischio è di schizofrenia generale. Qualcuno verrà meno a questa sensibilità eliminandolo, altri lo manterranno perché abbassa i costi vista anche l’incidenza del caro energia ma alle proprie condizioni. Ecco perché è necessario aprire un tavolo negoziale che faccia tesoro degli effetti positivi dello smart working ma con regole precise”. “Nella pubblica amministrazione la maggior parte dei dipendenti è rientrata in ufficio e fa 1 giorno a settimana di smart working- dice Marco Randellini Segretario della Camera di Commercio Arezzo-Siena - dal 1 settembre sarà necessario formalizzare i contratti con tutto quello che si è delineato dal diritto alla disconnessione ai buoni pasto, dagli straordinari al collegamento”.