Salvatore Mannino
Cronaca

Artigiani, la crisi infinita: quattromila ancora in cassa integrazione

La punta 9 mila nel lockdown, ripartenza lenta oro e moda. Molti attendono gli assegni di aprile. Gli ammortizzatori terminano a giorni. Blocco licenziamenti fino al 17 agosto

Imprese

Arezzo, 15 luglio 2020 - Quanto sia ancora alta la febbre da Covid (quella economica ovviamente) lo dice un dato su tutti: dei 9 mila dipendenti del comparto artigiano che erano finiti in cassa integrazione nel periodo del lockdown (terzo dato in Toscana, dopo Firenze e Prato), il 40 per cento (stime della Cna) lo sono ancora.

Quasi a dire di una locomotiva che stenta come non mai a riprendere la corsa, un altro segnala allarmante per una capitale della manifattura come questa, che va ad aggiungersi ai numeri drammatici del settore orafo, ancora fermo al 65-70 per cento, come La Nazione ha scritto ieri.

Sono cifre peraltro che più che sommarsi si intrecciano, perchè molte delle aziende del distretto dei gioielli hanno dimensioni tali da rientrare nell’artigianato più che nell’industria vera e propria.

E’ dunque lo stop dell’oro che trascina in basso anche la media complessiva, pur se non è certo l’unica situazione di crisi. Edy Anasetti, direttore di Cna, segnala anche le difficoltà che continuano nella moda, l’altra colonna portante della produzione e dell’export aretina, nella quale corre solo Prada, mentre le aziende più piccole fanno fatica, e anche quelle dei servizi alla persona, come acconciatori ed estetisti, che non hanno mai chiuso il conto della cassa integrazione, anzi del ricorso ai fondi bilaterali, alimentati da imprese e dipendenti, che nell’artigianato sostituiscono l’ammortizzatore le più noto.

Anche lì, però, le cose vanno male, perchè i fondi sono rimasti senza un centesimo dopo il primo sforzo di integrazione degli stipendi e attendono ancora di essere rialimentati dallo stato. I soldi, dicono dalla Cna, ci sono, ma i ritardi burocratici ne impediscono lo sblocco. Col risultato che molti occupati del settore sono ancora in attesa delle rate di aprile.

Qualcuno teme addirittura che si arriverà a Ferragosto prima che vengano pagate. Inutile dire che si tratta non solo di un disagio per quanti l’assegno non lo percepiscono da due mesi, ma anche di un ulteriore colpo ai consumi, perchè è evidente che una famiglia nella quale non entrano soldi è una famiglia che non spende, anzi cerca di intaccare il meno possibile la riserva che rimane in risparmio.

Un serpente che si morde la coda: chi ha guadagnato meno con la cassa integrazione da Covid (in due mesi sono alcune centinaia di euro) e anche chi non ha ancora percepito quanto dovuto relativo al periodo del lockdown tira il freno dei consumi, le strutture commerciali non incassano e la crisi si avvita a spirale. Come è già visibile nei negozi, molti dei quali hanno avviato con un mese di anticipo gli sconti che avrebbero dovuto cominciare con i saldi, il primo agosto.

Ora, in vista c’è un’altra scadenza che fa paura anche alla Cna, ovvero la fine del blocco dei licenziamenti, il 17 agosto, cui si accompagna, in queste settimane, l’esaurimento della cassa da Covid.

E’ vero che resta la possibilità di ricorrere alla cassa ordinaria, ma la procedura, dice Edy Anasetti, è molto più farraginosa. Il tempo dell’incertezza, insomma, più di quello della ripartenza. Con l’incubo di un autunno nel quale nessuno prevede nulla di buono.