Non si tratterebbe della banda dell’oro. Quella che ha fatto razzia alla Nuova Rezzacchi di Pergine sarebbe un altro clan di malviventi. Forse gli stessi che hanno colpito nel basso Valdarno, tra Santa Croce e Fucecchio. Anche lì sono andate in scena furti da film con tecniche paramilitari, un po’ come quella di venerdì notte a Pergine: auto messe in mezzo alla strada per bloccare i carabinieri, chiodi disseminati sull’asfalto e, ancora, una panda sferrata contro il cancello per dare il via al blitz. Certo, va detto che il modus operandi richiama a quanto hanno già visto le aziende orafe del territorio: anche loro in alcuni dei 24 colpi sono state vittime di attacchi pianificati e attuati da professionisti del mestiere.
La differenza è semmai un’altra: riguarda il mercato su cui poi viene piazzata la merce rubata. Chi ruba oro, ha già prima un mercato di ricettazione pronto su cui smistare i preziosi; allo stesso modo, chi ruba prodotti di pelletteria di qualità ha già i suoi giri a monte. In questo caso la banda criminale ha a disposizione più di mille pezzi tra cinture e borse di griffe. Un vero e proprio tesoretto il cui valore è stato stimato dai proprietari dell’azienda sui 150mila euro. Senza considerare tutti i danni all’azienda.
Il risultato è la crisi di un settore, messo già in ginocchio dalla congiuntura economica. Lo sanno bene - loro malgrado - i cugini orafi che stanno vivendo da inizio anno un colpo ogni due settimane, tra quelli andati a segno e quelli sfumati. Due dei componenti di una batteria criminale sono finiti in manette. Il loro rifugio era una camera in affitto a Pistoia che è stata definita dagli investigatori il loro covo. Adesso c’è da fermare gli altri quattro ladri del gruppo, senza dimenticare l’altra banda che ha preso di mira l’oro di Arezzo.
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