
Un momento di OroArezzo, la fiera della gioielleria che si svolge al Palaffari a maggio: sarà un termometro importante della situazione
"Niente panico". In uno scenario internazionale che definire complicato è un eufemismo le aziende orafe tremano difronte alla politica statunitense. L’altro ieri il presidente Trump ha introdotto dazi del 25% sul settore delle automobili. Le reazioni del mercato sono state immediate: l’intero comparto ha subito un drastico calo dei titoli in Borsa.
Luca Benvenuti è l’amministratore delegato della mamma di tutte le aziende orafe: la Unoaerre che porta anche nel nome un primato che dura da 99 anni. Benvenuti, come si può affrontare la politica dei dazi Usa di cui ancora non si conosce l’esatta portata sul settore dell’oreficeria?
"Con sangue freddo, nonostante la comprensibile paura di tante nostre imprese. L’incertezza dei mercati è il peggior nemico di un bene di lusso come l’oro e gli Stati Uniti sono uno dei principali mercati per l’oreficeria aretina. Trump vuol difendere la sua manifattura ma dal punto di vista orafo è piuttosto debole. Il tema vero sono i dazi reciproci che può introdurre l’Europa che potrebbero innescare una vera battaglia commerciale che sarebbe difficile da affrontare. Il vero obiettivo del presidente Usa, secondo me, è usare le tariffe doganali per negoziare il finanziamento di un debito pubblico enorme. Una politica che crea quell’incertezza che non fa bene a nessuno".
Confindustria propone di puntare di più sui mercati continentali come Regno Unito, Francia e Germania. È una strada percorribile?
"Diversificare è sempre una strategia vincente anche se per tante delle nostre piccole imprese non è semplice applicare questo tipo di pianificazione nei tempi brevi che l’introduzione di dazi da un giorno all’altro imporrebbe. La Turchia, al di là della contingenza della tassazione agevolata sul metallo lavorato che ha prodotto i grandi numeri degli ultimi mesi, è comunque un hub importante verso i paesi asiatici e per questo va tenuto nella giusta considerazione".
Si può lavorare su diverse strategie commerciali?
"Gli scenari del gioiello a livello europeo sono molto diversi dal nostro non esistono le piccole gioiellerie del nostro Paese. Diventa dunque fondamentale entrare nelle grandi catene distributive che sono imprescindibili in molti Paesi, come Francia e Germania. Più complicato puntare su mercati chiusi dal punto di vista doganale come la Cina e l’Africa che hanno caratteristiche simili a quelle che vorrebbero introdurre gli Stati Uniti".
L’aumento vertiginoso del prezzo dell’oro è un ulteriore ostacolo?
"Non c’è dubbio, siamo intorno ai 90 euro e non sembra fermarsi. Per tante imprese questa è la situazione peggiore perché non incidendo sul mercato, affidano il loro futuro a pochi distributori che aspettano a ritirare i prodotti, mentre i costi per finanziare la materia prima cresce. Ma ripeto: c’è da tenere i nervi saldi".