Salvatore Mannino
Cronaca

Bancarotta, il buco record della Sacci: oggi in aula il caso dei 60 milioni mai rientrati

I Pm: concessi senza istruttoria, sottovalutando la recessione. Pratiche di fido avviate dopo le delibere Cda. Le difese: colpa della crisi che ha travolto i cementifici

I Pm lasciano l'aula di giustizia

Arezzo, 14 febbraio 2020 - E’ la madre di tutte le sofferenze Etruria, se preferite il padre di tutti i crediti deteriorati: 60 milioni mai restituiti (su 101 erogati) nell’affaire Sacci, 49 dei quali appostati a perdita al momento del crac Bpel. Fra il doppio e il triplo degli altri affari sballati che erano già passati sotto la lente del maxi-processo per bancarotta: 25 milioni dei prestiti Yacht, 24 di Energia Ambiente, venti e oltre del finanziamento San Carlo Borromeo e via dicendo. I Pm se la tengono per il gran finale dell’esposizione di accusa, che si concluderà oggi con le ultime propaggini del caso Sacci.

Anche perchè c’è un altro eccellente di mezzo: Augusto Federici, consigliere d’amministrazione di lungo corso in Bpel nonchè destinatario dei crediti quale uomo forte del gruppo cementiero. E’ lui, dice il capo d’imputazione, l’istigatore dei prestiti, per i quali sono già stato condannati in abbreviato l’ex presidente Giuseppe Fornasari (bancarotta colposa e fraudolenta) e l’ex consigliere Rossano Soldini (solo colposa, come gli membri del Cda ora a processo).

Tutto prende il via nel dicembre 2008, quando Sacci, per rafforzare la sua quota di mercato, soprattutto al nord, mette in cantiera l’acquisto della filiale italiana del gruppo Lafarge. Operazione da 256 milioni, finanziata solo per 26 da risorse interne e per il resto con il ricorso alle banche per ben 205 milioni, messi a disposizione di un pool creditizio capeggiato da Efi Banca ma con Etruria in prima fila.

La prima linea di credito, di 60 milioni, viene deliberata dal Cda il 17 dicembre 2008. E qui c’è già la prima stranezza. Perchè la pratica elettronica di fido risulta aperta cinque giorni dopo, il 22 dicembre. Seguono i finanziamenti del 21 gennaio (Pef del 12) da 11 milioni e del 12 febbraio 2010 da 31 milioni (pratica del 2 febbraio, dieci giorni prima). In pratica, accusa la procura, sono tutti fondi concessi con leggerezza, in assenza di vera istruttoria e quando ormai la crisi del settore cementiero, seguita al crac Lehman Brothers, era ormai evidente.

Perdipiù garantiti da ipoteche sugli stabilimenti del gruppo che sono sempre le stesse, sia per la linea A di finanziamento che per la B, poi sostituita dalla C e dalla D. In sostanza, se la garanzia era la medesima, come avrebbe potuto rivalersi la banca in caso di mancata restituzione, quello che poi effettivamente avvenne? Il Pm Andrea Claudiani guida il sottufficiale della Finanza che ha seguito le indagini, il liquidatore e un’altra professionista che si occupò della ristrutturazione del credito a ricostruire questo complesso meccanismo.

L’avvocato Grazia Volo, che difende Federici, i legali degli altri consiglieri, Corrado Brilli e Osvaldo Fratini per conto dei sindaci revisori (che sollevarono dubbi sui crediti) e di Giorgio Guerrini contrattaccano.

La tesi principale è che Sacci sia stata travolta dalla Grande Recessione del 2008 mentre pensava di espandersi ancora sul mercato interno, ritrovandosi nuda di fronte al crollo della produzione. Mera situazione congiunturale, dunque, non derivante da un errore di valutazione o peggio degli amministratori di Etruria. Il resto tocca alla sentenza dei giudici