Arezzo, 22 giugno 2021 - Assolto. Dopo dieci anni sembra calare il sipario su quello che all’epoca venne considerato uno scandalo che aveva scosso la scuola valdarnese. In corte di appello a Firenze si è chiusa con l’assoluzione del bidello accusato di presunti abusi sessuali su alcuni bimbi di un asilo di Montevarchi. Nel febbraio scorso quelli che nel 2011 erano bimbi e adesso sono diventati adolescente, erano stati ascoltati di nuovo da un consulente ma i loro ricordi erano ormai a dir poco confusi per non dire praticamente inessistenti.
Troppo poco per arrivare a una condanna che infatti non c’è stata: assoluzione piena il verdetto per Avio Molli, 61 anni. Il bidello, peraltro, era già stato assolto nel 2016 dal tribunale di Arezzo, collegio giudicante composto dal presidente Silverio Tafuro e dai giudici a latere Avila e Faltoni. Rigetta la richiesta del pubblico ministero che aveva chiesto per Molli, difeso in aula dagli avvocati Raffaello Falagiani e Lucio Curzi.
E’ stato lo stesso Falagiani a difendere il bidello anche in appello. Il verdetto lo libera dall’infamante accusa di violenza sessuale su quattro bambini dell’asilo in cui lavorava. All’epoca del primo processo il perito del pubblico ministero aveva giudicato del tutto idonee le testimonianze rese e lo aveva fatto inanellando una serie di osservazioni scientifiche. Poi ci fu la svolta. «Nel complesso le capacità testimoniali specifiche di tutti e quattro i minori risultano compromesse in maniera considerevole».
Era la parola di Giovanni Battista Camerini, un’autorità sul fronte neuroinfantile e professore all’università di Bologna. Capacità specifiche: ovvero quelle legate ai fatti. Tra le curiosità che emersero da un processo che fece clamore ci fu anche il fatto che a firmare la perizia del pm che inguaiava l’assistente scolastico (inizizialmente accusato di violenza adddirittura su 22 bambini, numero che poi si era ridotto a quattro) era stato infatti Claudio Foti, lo psicoterapeuta finito in piena bufera nell’inchiesta «Angeli e demoni» che gli costò anche gli arresti domiciliari e che porto il Pd all’accusa di essere il «partito di Bibbiano».
Foti coordinò i consulenti della procura e venne anche a testimoniare al processo, dichiarando che i bambini erano stati abusati e che erano in grado di testimoniare su quanto era successo. Lo contraddisse in aula un’altra consulenza d’ufficio, disposta dal tribunale presieduto dall’allora numero uno della sezione penale, Silverio Tafuro. «Sconcertante per improprietà», venne definita la conclusione di Foti dal collegio peritale di cui era alla guida il professor Giovanni Battista Camerini e che giudicò incapaci i piccoli di ricordare quanto era successo per le suggestioni che avevano subito.
L’indagine era inziata quando un bimbo aveva dato segni di disagio, la mamma che si era confidata con l’amica psicologa, era seguita una visita all’ospedalino Meyer, poi il sospetto degli abusi. A quel punto altri bambini avevano fato lo stesso racconto e l’allora pm Ersilia Spena si era affidata a Foti e al suo metodo dell’«ascolto empatico».
Ascolto che Raffaello Falagiani, avvocato del bidello, aveva riassunto riassume così: «Il bimbo che nega lo fa per proteggersi dal ricordo e dunque deve essere aiutato a ricostruire meglio, finchè non conferma la violenza». Un metodo nel quale esisterebbero solo colpevoli e tutti i piccoli abusati. Ma adesso il capitolo si chiude con l’assoluzione del bidello.