STEFANO
Cronaca

Buonconte nel Purgatorio dell’Alighieri La battaglia per l’anima fra angeli e demoni

Il canto V della seconda cantica della Divina Commedia: un alto momento di poesia sul condottiero aretino perito a Campaldino

Stefano

Pasquini

Poi disse un altro:;Deh, se quel disio si compia che ti tragge a l’alto monte,con buona pïetate aiuta il mio!Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;Giovanna o altri non ha di me cura;per ch’io vo tra costor con bassa fronte.

Nel canto V del Purgatorio, fra le anime di persone morte in modo violento, Dante incontra Buonconte da Montefeltro, il comandante delle truppe ghibelline aretine alla battaglia di Campaldino (11.06.1289), e subito gli rivolge una domanda.

E io a lui: ;Qual forza o qual ventura ti travïò sì fuor di Campaldino, che non si seppe mai tua sepultura?

Questo perché si narra che, dopo la battaglia, il corpo di Buonconte non fu ritrovato.

Oh;, rispuos’elli, a piè del Casentino traversa un’acqua c’ ha nome l’Archiano,che sovra l’Ermo nasce in Apennino.

Buonconte risponde con un’esclamazione "Oh", che esprime la sorpresa di dover rievocare quell’evento. Segue una descrizione geografica della valle del Casentino, che Dante conosceva bene per averci soggiornato più volte.

Là ’ve ’l vocabol suo diventa vano, arriva’ io forato ne la gola,

fuggendo a piede e sanguinando il piano

Il primo verso significa “là dove il termine Archiano perde significato”, perché il corso d’acqua confluisce nell’Arno. Pertanto Buonconte arriva alla confluenza fra i due fiumi ferito nella gola, fuggendo senza cavallo e perdendo sangue.

Quivi perdei la vista e la parola;

nel nome di Maria fini’, e quivi

caddi, e rimase la mia carne sola.

In punto di morte pronuncia il nome di Maria e quindi per un attimo, ma quello fondamentale, si affida alla sua fede, improvvisa ma sincera.

Io dirò vero, e tu ’l ridì tra ’ vivi:

l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno gridava: ;O tu del ciel, perché mi privi? Tu te ne porti di costui l’etterno per una lagrimetta che ’l mi toglie ma io farò de l’altro altro governo!

Buonconte vuole che il poeta riferisca ai vivi cosa successe dopo la sua morte. C’è un dialogo fra un angelo e un diavolo. Il diavolo critica l’angelo perché, di fronte ad una vita da peccatore, ha dato peso ad una singola parola, "Maria", pronunciata in punto di morte, portandosi con sé la sua anima ("l’etterno"). "Lagrimetta" è chiaramente dispregiativo. Il significato della salvazione di Buonconte è che ha maggior valore la religione dell’anima rispetto a quella delle gerarchie ecclesiastiche. Buonconte, pur essendo un condottiero, uno scomunicato, che ha praticato il mestiere delle armi, e quindi ucciso persone, ha un fondo sano nella sua anima. Pronuncia il nome di Maria in un attimo, perché la sua fede viene fuori improvvisamente, dai più reconditi recessi della sua mente.

È probabile che questa idea su Buonconte, Dante se la sia fatta proprio durante la battaglia di Campaldino, di fronte al suo comportamento coraggioso. Aveva guidato i 12 paladini, di fronte a tutti i cavalieri, verso un’armata composta dal doppio

delle milizie.

Il diavolo comunque si arrabbia per aver perso l’anima di Buonconte e annuncia la sua vendetta sul corpo ("io farò de l’altro altro governo"), scatenando una tempesta. Anche se non confermato dalle cronache, la tradizione orale ci riporta che, dopo la

battaglia, al termine di una giornata afosa, si scatenò un forte temporale.

Ben sai come ne l’aere si raccoglie quell’umido vapor che in acqua riede, tosto che sale dove ’l freddo il coglie:

In questi versi viene descritto il fenomeno di accumulazione dell’acqua piovana: ilvapore acqueo sale formando le nuvole. Giunse quel mal voler che pur mal chiede con lo ’ntelletto, e mosse il fummo e ’l vento per la virtù che sua natura diede.

Questo è un passo molto controverso e difficile che, in sostanza, significa che il diavolo, con i suoi poteri, muove fumo e vento.

Indi la valle, come ’l dì fu spento, da Pratomagno al gran giogo coperse di nebbia; e ’l ciel di sopra fece intento, sì che ’l pregno aere in acqua si converse;

la pioggia cadde, e a’ fossati venne di lei ciò che la terra non sofferse;

Ecco un’immagine possente di questa impetuosa tempesta che si rovescia sulla terra e diventa una corrente irresistibile.

e come ai rivi grandi si convenne, ver’ lo fiume real tanto veloce si ruinò, che nulla la ritenne.

La corrente impetuosa arriva ai fiumi più grandi e quindi all’Arno ("lo fiume real"),diventando inarrestabile.

Lo corpo mio gelato in su la foce trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce ch’i’ fe’ di me quando ’l dolor mi vinse; voltòmmi per le ripe e per lo fondo, poi di sua preda mi coperse e cinse;.

La corrente dell’Archiano (robusto) prende di peso il corpo del defunto e lo getta nell’Arno, sciogliendo la croce che avevano formato le braccia in punto di morte. La violenza con cui il diavolo martirizza poi il corpo di Buonconte appare come il simbolo dell’estrema violenza che si abbatté sul cavaliere ghibellino nel campo di battaglia. Il grande temporale può rappresentare la potenza delle armate fiorentine, che il condottiero dovette fronteggiare, con i cavalieri, i fanti, e soprattutto i verrettoni e le quadrelle lanciati dalle balestre, come pioggia incessante. Il poeta però ha voluto salvarlo, nel purgatorio, dove, pur con mestizia, dimenticato dalla moglie, sta facendo il suo meritato percorso di espiazione.