Gloria
Peruzzi
"Più passa il tempo e più mi pesa stare lontano da Arezzo", a dirlo è Giovanni Callegari, economista aretino con una brillante carriera internazionale, prima al Fondo monetario internazionale, alla Banca centrale europea e oggi al Mes, a capo di una divisione strategica come quella della valutazione dei rischi economici del Meccanismo europeo di stabilità. Callegari è un esempio della dispersione del capitale umano che il nostro paese fatica a risolvere. Diplomato al liceo scientifico Redi di Arezzo, ha proseguito gli studi alla Facoltà di scienze politiche dell’Università di Firenze dove si è laureato con 110 e lode, oggi vive a Francoforte e lavora in Lussemburgo.
Callegari, andare all’estero è stata subito la prima opzione? "In realtà ho provato a lavorare in Italia. Dopo gli studi, feci un concorso alla Banca d’Italia, ma l’assegnazione dei ruoli non fu per niente trasparente e rinunciai al posto che volevano assegnarmi".
Si è mai pentito della scelta? "Mi dispiace solo aver lasciato una città che mi piace da morire".
Il suo luogo del cuore?
"La chiesa di Santa Maria delle Grazie, ci sono cresciuto. Mi hanno battezzato lì e poi mi sono sposato in quel luogo che è un piccolo gioiello".
Cosa le manca degli aretini? "L’affinità immediata che provo anche con persone che non conosco. I miei amici più cari sono aretini".
Perché l’Italia non riesce ad arginare la fuga di risorse umane qualificate?
"La cosa strana è che non vengano persone altrettanto qualificate in Italia, perché che qualcuno vada all’estero ci sta. Ci sono tanti francesi che vanno in Germania, ma anche tanti tedeschi che vanno in Francia. In Italia no, purtroppo gli stipendi sono troppo bassi".
Economia è una buona scelta di studi per i giovani?
"Economia o scienze politiche sono fondamentali per capire cosa succede nel mondo, quindi mi piace consigliarli ai giovani. È quello che amo di più del mio lavoro: comprendere le dinamiche globali".
L’investimento migliore che può fare oggi un giovane? "Studiare molto bene l’inglese. Apre una moltitudine di possibilità professionali".
La passione per i numeri ce l’ha avuta fin da piccolo?
"Per niente! Fino a 24 anni la mia attività principale era quella dell’attore di teatro. Ho iniziato al Piccolo Teatro, poi alla Libera Accademia del Teatro ho insegnato anche ai bambini". Com’è passato dai copioni ai numeri?
"A 24 anni, vedendo le difficoltà a sfondare in quel settore, ho seguito il consiglio di un professore e sono andato a studiare economia in Inghilterra. È stato durissimo, nei primi tre mesi mi sono dedicato completamente agli studi senza uscire mai, ma alla fine mi sono appassionato". Quindi quella per la matematica non è un’attitudine?
"Per me non lo è stata. Al liceo scientifico le mie materie preferite erano filosofia e storia". Quale sarà il lavoro degli economisti del futuro?
"Difficile dirlo adesso, perché l’intelligenza artificiale sta già cambiando molte cose e ancora non sappiamo se porterà ad una perdita di posti di lavoro o se aiuterà a rendere più competenti le persone".
Quali sono i principali rischi economici dell’Europa?
"La frammentazione globale. La globalizzazione ha creato tanti problemi, ma anche vantaggi, invece l’economia multipolare che si sta formando ora è un grande rischio per l’Europa che non ha materie prime".
E dell’Italia che dice?
"L’invecchiamento della popolazione e il debito pubblico che rischia di soffocare un paese che, invece, avrebbe bisogno di investire risorse in ricerca e innovazione".
Invecchiamento e denatalità, quali saranno le conseguenze?
"Enormi e complesse, perché toccano molti aspetti. La soluzione più rapida è gestire l’immigrazione, nonostante le paure che possa generare. Prendiamo per esempio il quartiere di Saione: sarebbe un quartiere vuoto senza immigrati. Se vogliamo evitare lo spopolamento delle piccole città abbiamo bisogno di loro. Inoltre, è essenziale una formazione professionale continua seria, poiché si sta alzando l’età per la pensione".