Arezzo, 10 ottobre 2019 - Si chiama Walter De Benedetto, anni 48 e una condanna peggio della galera che gli pesa sulle spalle: Sla, o meglio una patologia degenerativa parente stretta di quell’acronimo che fa paura. "I primi sintomi li ho avuti a sedici anni, poi la malattia è andata progredendo, adesso sono ridotto in carrozzina, accudito da una badante 24 ore su 24".
Walter era un dipendente della Asl, "ho guidato la macchina finché è stato possibile, finché mi è rimasto un briciolo di forza". Ma adesso fa anche fatica a rispondere al telefono e pure la voce se ne va per conto suo. Piange quest’uomo di 48 anni. Piange per la sua condizione e per l’ingiustizia che è convinto di aver patito. Pochi giorni fa ha visto i carabinieri fare irruzione nella sua casa di Ripa di Olmo, piccola frazione alle porte di Arezzo. E non erano lì per caso i militari ma per sequestrare piante di cannabis nella serra di Walter; lì hanno trovato un amico del disabile, arrestato in flagranza di reato.
"Da anni - racconta - il sistema sanitario mi passa un grammo giornaliero di cannabis a scopo terapeutico. E’ un miorilassante, con il suo ausilio riesco a mangiare qualcosa, a dormire un po’ meglio, a sopportare i dolori che mi devastano e che si riducono della metà. Il problema è che la malattia va sempre avanti e quel grammo non basta più, me ne servirebbero tre per trascorrere una giornata più serena".
E’ allora che Walter decide di fare in proprio e di allestire una piccola serra per coltivare piante di cannabis: "Undici vasi di varietà diverse, hanno detto di aver sequestrato piante per venti chilogrammi, ma a quel numero ci si arriva pesando anche i vasi stessi con la terra dentro". La denuncia è arrivata ai carabinieri probabilmente da un vicino e a rimanerci incastrato è stato l’amico del disabile: "Era venuto a trovarmi, l’ho mandato nella serra per controllare come stavano le piante. E ora mi sento in colpa per avergli creato questo problema". Ma, dice, "non ho commesso un reato, è un atto di disobbedienza civile dovuta alla mancanza del farmaco". Medicina tecnicamente detta Bedrocan, o marijuana medica. Adesso la riserva di cannabis non c’è più e Walter è tornato a soffrire le pene dell’inferno: "Ho sempre il grammo a disposizione, lo divido in tre e lo assumo al mattino, a pranzo e alla sera. Di solito lo sciolgo nel burro, mi sembra che faccia più effetto. Ma quella quantità è insufficiente".
La sua è una storia drammatica: numerosi interventi, pelle cistosa, stomaco ridotto e quasi incapace di assorbire, articolazioni disgregate, difficoltà a effettuare il minimo movimento. "Ma il peggio deve arrivare, quando non riuscirò più a deglutire cibo e nemmeno acqua e neanche a parlare". Lo Stato lo sostiene economicamente tra pensione di invalidità e indennità di accompagnamento oltre ad aiutarlo per il pagamento della badante; lui è in cura da uno specialista di Milano e seguito anche all’ospedale di Arezzo, ma il problema degli arti irrigiditi e dei dolori lancinanti è tornato irresolubile.
Si è mosso per aiutarlo il presidente del Corecom, l’ex consigliere regionale Enzo Brogi che ha scritto al ministro della salute Roberto Speranza sollecitando un intervento a favore di Walter affinché questo sfortunato uomo non abbia a patire inutilmente. Ha già sofferto troppo in una vita che pezzo dopo pezzo gli ha tolto praticamente tutto.
A favore di Walter si schiera anche Adriano Sofri con un lungo intervento sulla sua pagina Facebook: "C’è una persona che chiede di essere aiutata. Walter de Benedetto ha oggi 48 anni, vive in una frazione di Arezzo, ha lavorato, finché ha potuto, nella USL, è stato, è ancora, un musicista poeta. La sua trentennale malattia neuromuscolare lo ha reso praticamente immobile e gli procura dolori terribili, che può solo alleviare grazie al Bedrocan, un farmaco ricavato dalla cannabis medica e prescritto dalla sanità pubblica. La cui dose, con l’aggravamento del male, non è più sufficiente. Dopo averne invano chiesto l’adeguamento, Walter ha coltivato in casa nove (9) piante. Ciò che gli ha procurato un’altruista delazione e un’irruzione di carabinieri, poveri carabinieri: "Non ho commesso un reato penale ma un atto di disobbedienza per la mancanza del farmaco. Vorrei che il mio amico Marco, che è stato arrestato al posto mio per avermi aiutato nella coltivazione, venisse scagionato perché trovo che sia un’infamia contro un innocente che mi ha soltanto fatto un favore. Io ho tentato di prendere la responsabilità delle mie piante, ma non sono stato ascoltato mentre Marco è stato preso quando si trovava a casa mia per darmi una mano in buona fede”. Dice ancora il suo appello, ospitato da Fanpage: “A volte penso di fare lo sciopero delle medicine, che essendo dipendente da cortisone sarebbe per me letale in tre giorni. È l’unica soluzione che ho in mente quando la rabbia diventa troppo grande. Aiutatemi”. Ecco: io detesto i giochi sui nomi propri, ma per una volta citerò quello dell’attuale ministro della sanità. Si chiama Speranza.