Lucia Bigozzi
Cronaca

L’altro Capodanno si fa in convento

Tutto esaurito in monasteri e strutture religiose. Dalla Verna a Camaldoli per una notte diversa

Santuario La Verna

Santuario La Verna

Arezzo, 31 dicembre 2024 – Cammineranno a piedi nella notte, con le scarpe grosse adatte alla neve e alla ricerca di un Capodanno altrove, invisibile. Centinaia di pellegrini, tutti quelli che preferiscono il silenzio incantato dei monasteri e dei conventi ai fuochi d’artificio o alla musica a tutto volume. Sia pur senza disdegnare la musica. Che ad esempio nell’ala del Santuario della Verna chiamata Tau, la croce del santo, esploderà dopo la veglia di preghiera. “Ci saranno novanta giovani più quanti, di tutte le età, vorranno unirsi alla festa”, racconta padre Guido Fineschi, il guardiano del convento, il cui 2024 è corso tutto nel ricordo degli 800 anni delle Stimmate.

Da un Anno Santo all’altro, perché il santuario uno dei luoghi giubilari. Una festa antica, uguale nel tempo e che intorno alle 23 confluisce in Basilica. Raggiunta da tanta gente, i più coraggiosi anche a piedi dalla Beccia, lungo il sentiero del pellegrino. La musica della mezzanotte sulle chitarre, da quella di fra Matteo alle voci di suor Tiziana o di suor Agnese. A Camaldoli il Capodanno alternativo si immerge nella neve: “Sono 150 i giovani impegnati tra preghiera e riflessione comune” conferma padre Matteo Ferrari, il generale dell’ordine camaldolese, spesso a fianco del Papa nelle grandi liturgie di un anno straordinario. E ai giovani si uniscono le famiglie in arrivo da tutta Italia e che non rinuncerebbero mai a un minuto di Camaldoli nella staffetta tra i due anni. “Raggiungeranno l’eremo a piedi dal Montanino”.

La tradizionale marcia della notte: a Quorle, pochi chilometri da Camaldoli, per anni ha vissuto Wolfgang Gasser, cieco ma guida nella foresta: portava i gruppi aiutandoli a intercettare i silenzi e a tradurli in vita. Lui collegato anche alla Fraternità di Romena, un’altra esperienza forte del Casentino, la valle santa aretina. Un centinaio di persone sono lì per i giorni di Capodanno, 50 dormendo nelle strutture della comunità e le altre raggiungendole di giorno in giorno.

Stasera alla mezzanotte inizierà la veglia nella Pieve: fuori c’è una foresta di mandorli, il giardino dei figli perduti. Chi ha subito il più grave dei lutti ha piantato lì uno di quegli alberi e mantiene un legame profondo con le altre famiglie, con incontri durante tutto l’anno. Uno dei promotori dell’iniziativa è stato Giovanni Galli, ex portiere della Nazionale: ha perso anni fa Niccolò in un incidente stradale. Il suo cammino si incrocia spesso con quello di Romena. O con quello di Rondine, la cittadella della pace alle porte di Arezzo. Qui il Capodanno è lontano da quello delle città: i ragazzi da tanti Paesi del mondo, in arrivo da zone di guerra, sono accolti a fine anno da quelli del quarto anno liceale, l’altra esperienza forte della cittadella.