Claudio
Santori
Carducci e Arezzo, un rapporto molto particolare e abbastanza tormentato che ruota sostanzialmente intorno al Liceo Classico (ancora Imperiale e Regio: l’intitolazione al Petrarca risale al 1° ottobre 1923) sia per ragioni professionali (quando era ancora semplicemente il Dott. Carducci, e non ancora vate del regno unitario, vi incontrò una delle più cocenti delusioni della sua vita), sia familiari (la figlia Bice era sposata col Prof. Carlo Bevilacqua che vi insegnava matematica). Ci siamo già occupati di questa vicenda, ma conviene tornarci sopra aggiungendo alcuni gustosi particolari.
Il Carducci aveva occupato la cattedra di belle lettere nel Ginnasio di San Miniato al Tedesco nell’anno scolastico 1856-57, ma non era per niente soddisfatto dell’ambiente, ricambiato del resto dai colleghi e dalle autorità granducali che vedevano come il fumo negli occhi gli “Amici pedanti”, i giovani irriverenti e trasgressivi Giuseppe Torquato Gargani, Giuseppe Chiarini e Ottaviano Targioni Tozzetti, dei quali il Nostro era il capo riconosciuto! Non a caso aveva dovuto affrontare anche un paio di piccoli processi per intemperanze verbali: si vociferava persino che un giorno, all’osteria, si fosse rivolto al cameriere con un’espressione blasfema irripetibile!
La notizia che una cattedra di lettere greche era stata messa a concorso dal Municipio di Arezzo gli apparve come un’ancora di salvezza, tanto più che navigava in cattive acque e faceva quasi la fame, per cui quello stipendio, per quanto magro, veniva quanto mai a proposito. Fece pertanto la domanda al Gonfaloniere ed avendo tutte le carte in regola ebbe in data 30 dicembre la nomina con sei voti favorevoli e uno contrario (il canonico Luigi Giacchi che aveva fatto la domanda prima di lui, quando seppe di avere un simile rivale saggiamente la ritirò). Non restava dunque al Carducci che aspettare la nomina a seguito del placet del Ministero, ma, come si sa, aspettò invano. Fece passare quattro settimane e quando a gennaio inoltrato si recò al Ministero per avere spiegazioni e sollecitare la nomina, scoprì che il posto era stato assegnato al sacerdote Prof. Francesco Maraghini fin dal 6 gennaio. È dimostrato dagli studi di Pasquale Papa e di Giuseppe Fatini che il Ministro aveva agito in piena buona fede, tanto è vero che addirittura in data non sospetta, 10 novembre, aveva rifiutato la proposta del Preside Bravi di unire la cattedra vacante di greco a quella di retorica del Maraghini, ordinando che fosse bandito il concorso!
Il fatto è che il Gonfaloniere ancora alla metà di gennaio non aveva trasmesso al Ministero la pratica per la dovuta sanzione, non certo per negligenza, ma per favorire il Maraghini il quale, oltre all’appoggio del Preside, godeva anche di quello di Pietro Fanfani, bersaglio da sempre delle critiche velenose degli “Amici pedanti”. A costui, molto ascoltato al Ministero per la sua attività di filologo, non parve vero di cogliere una ghiotta occasione per dare la bastonata al capo degli “Amici pedanti” senza scoprirsi, per cui fece in modo che l’ignaro Ministro, non avendo notizia del concorso, mettesse in cattedra il Maraghini. Aveva tuttavia bisogno di tempo per boicottare la nomina e il Gonfaloniere aretino lo servì a dovere!
Carducci non ebbe dubbi sulla buona fede del Ministro e sul responsabile dell’operazione e bollò il Fanfani col celebre sonetto che comincia: “Ti riconosco a la vigliaccheria che schizza fuor dalle frasette viete o mezzo giornalista e mezzo prete ruffiano tutto di filologia”. Quando poi seppe che il Fanfani ostentava stima nei suoi confronti e andava dichiarando di volerlo “raccomandare e proteggere” il Carducci gli indirizzò una lettera feroce che diceva fra le altre cose: “ Serbi la sua protezione a qualchedun altro: con me non la spenda, ché sarebbe in vano … quand’anche fosse per fine di bene, lasci il Signor Pietro fare questo po’ di bene, ché al Carducci troppo sarebbe grave trovarsi obbligato a persona, la quale egli non ama e della quale non può veramente avere stima”.
Due anni dopo il Carducci ebbe piena e soddisfacente rivalsa perché, caduto il governo granducale, e ricevuta dal ministro del Regno d’Italia Salvagnoli la nomina alla sospirata cattedra aretina, si levò la soddisfazione di rifiutarla senza nemmeno degnarsi di informarne il Preside, Canonico Bravi (al quale tuttavia non dovette dispiacere di non dover avere a che fare con un noto mangiapreti che stava già meditando l’Inno a Satana, pubblicato nel 1865 con lo pseudonimo di Enotrio Romano!).
Del resto, al posto del Carducci ebbe nientemeno che il Rigutini, brillante scrittore e filologo “vero”, certo più malleabile. E questo porterebbe il discorso sul corpo docente del Liceo aretino che ha sempre potuto contare su elementi di altissima levatura. Nel 1903 fu Commissario governativo per gli esami del Ginnasio Superiore, allora pareggiato, nientemeno che Giovanni Pascoli: non ne conosciamo l’esito, ma certo a quei giovanissimi studenti non dovette fare freddo!