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Sul caso indagarono i carabinieri, insospettiti dalle immagini del dipendente
di Gaia PapiAREZZOUn basista, una talpa. Secondo gli investigatori fu un dipendente, uno stretto collaboratore del titolare dell’Italiana Horo di Badia Al Pino, ad aiutare un gruppo di malfattori a mettere a segno nella stessa azienda il colpo in un giorno di fine giugno. Un "salto di qualità", è quanto avrebbero chiesto all’uomo; l’unico straniero (si fa per dire: da trenta anni è in Italia), a comparire nella banda specializzata in assalti al mondo dell’oro. In realtà, anche secondo le indagini, risulterebbe estraneo a quel sodalizio criminale. Un outsider presente solo in quel preciso colpo. A giocargli un brutto, bruttissimo, scherzo, sarebbe stata la sua ludopatia. Ne ha parlato ieri in carcere agli avvocati Tiberio ed Eugenio Baroni.
Dalle slot machine ai giochi online, il ragazzo nel tempo avrebbe accumulato debiti su debiti, rimanendovi stritolato. Prima la richiesta di qualche soldo alla fidanzata, aretina, poi agli amici. Un vizio che non era passato inosservato a chi frequentava di tanto in tanto. Fra questi c’è un uomo che inizia a prestargli soldi, non certo per cortesia, faceva parte del sodalizio criminale. Euro dopo euro, fino quando un giorno gli chiede il salto di qualità: portami tu soldi e oro, altrimenti…. E’ quanto continua ad emergere dall’incontro in tribunale. E in effetti il ragazzo nei giorni dopo raccatta un po’ di metallo prezioso in ditta. Ma non basta. Si arriva quindi alla richiesta di entrare nel gruppo per mettere a segno la rapina, suo il compito di dare le dritte necessarie. Il giovane accetta, a patto che nessuno si faccia male. Si arriva al giorno della rapina, quando due individui a bordo di un motociclo con targa contraffatta aggrediscono il titolare dell’azienda orafa, utilizzando spray al peperoncino per sottrargli una verga d’oro di 18,7 chili, per un valore stimato di 600.000 euro. La sostanza urticante manda al tappetto il proprietario di 82 anni e l’operaio. Tutto venne ripreso dalle telecamere della ditta. Quelle immagini da subito insospettiscono i carabinieri.
L’atteggiamento dell’operaio è strano, troppo strano. Non fa una mossa in direzione della verga lasciata sull’auto o in aiuto del titolare. Iniziavano le indagini che ben presto portano all’individuazione di un vero e proprio sodalizio criminale. Un gruppo di aretini e meridionali che questo facevo di "lavoro". Furti ed assalti al mondo orafo. Tra questi emerge un nome di origine romena. E’ quello di un giovane in Italia ormai da trenta anni, fidanzato con un’aretina, dipendente della ditta orafa da anni. La stessa che, in quel giorno di fine giugno, è stata vittima di una rapina in cui lui ha fatto da basista.
"Nelle prossime ore inizieremo il percorso con il dottor Beccattini del Sert per il recupero terapeutico del nostro assistito" spiega l’avvocato Tiberio Baroni. "Il consiglio che gli abbiamo dato è quello di chiedere scusa. Di pagare, essendo consapevole di aver sbagliato".