SANSEPOLCRO
Cronaca

Chianina: allevatori all’attacco "Poco mercato, serve un rilancio"

Durante l’ultimo vertice alla Cia il settore valtiberino ha illustrato quali sono le situazioni di disagio "I consumatori non conoscono a sufficienza il marchio: i prezzi ne hanno risentito" afferma Polverini.

Chianina:  allevatori all’attacco  "Poco mercato, serve un rilancio"

Chianina: allevatori all’attacco "Poco mercato, serve un rilancio"

di Claudio Roselli

"Serve una decisa azione di rilancio della razza chianina". Marcello Polverini, allevatore di Sansepolcro ed esponente locale della Confederazione Italia Agricoltori (Cia), mette a nudo i problemi che sta attraversando il settore, al di là delle polemiche legate alla decisione di non portare gli animali alla recente Fiera del Bestiame al Foro Boario. E da quel giorno, lui e i colleghi non hanno indugiato: "Nella riunione convocata dal presidente regionale della Cia, Valentino Berni e dal direttore Giordano Pascucci – ricorda Polverini – abbiamo fatto il punto della situazione relativamente alla Toscana. Ebbene, alla presenza degli allevatori è emerso il forte disagio del momento: una carne di eccellenza che però soffre la carenza di richiesta. Se prima vendevamo le carcasse a 8,50 euro al chilo, sia alla grande distribuzione che ai privati, adesso siamo a 6 euro e con il rischio di scendere ancora".

Ma l’agenda degli appuntamenti non finisce qui: "Abbiamo già contattato il consorzio di tutela del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale e il marchio 5R perché possano intervenire. I soggetti che gravitano adesso intorno alla chianina sono al 90% privati, per cui auspichiamo che allevatori e soggetti politici si attivino verso Unicoop Firenze e Unicoop Centro Italia, perché ricomincino a trattare con le nostre aziende. Con la perdita di questi partner – fa notare Polverini – è venuto a mancare il punto calmierante: il mercato è deviato sempre di più sul privato e quindi anche i prezzi ne hanno risentito". L’auspicio è che vi sia un ritorno di interesse anche per una questione di carattere puramente sociale: tutto è aumentato a seguito del caro bollette, ma le imprese agricole che operano nel settore della carne vendono a un prezzo inferiore del 50%.

Si tratta quindi di restituire anche dal punto di vista economico il giusto pregio ai prodotti ottenuti dai bovini di razza chianina, a beneficio non soltanto di una tipicità locale da tutti apprezzata sulle tavole, ma di una rete di imprese che in Valtiberina conta in totale 84 realtà (concentrate di più sui Comuni montani di Sestino e Badia Tedalda) e attualmente 2400 capi allevati con un criterio biologico che è di fatto naturale, perché per larga parte dell’anno le mucche stanno fuori al pascolo. Gli allevatori ripongono ora la fiducia su associazioni di categoria e istituzioni perché insieme possano salvare una carne di straordinaria qualità, alle prese con concorrenti dalle prerogative più commerciali.