GAIA PAPI
Cronaca

Chiude il negozio dei sogni. Sara lo aveva aperto da sola: "Nessuno aiuta i giovani". Torna a fare la commessa

Vendeva scarpe, l’attività sotto i Portici lanciata e poi affossata dal Covid. Il trasferimento e la risalita. "Ma così è impossibile andare avanti". .

Sara Riahi. è la titolare del negozio di calzature e accessori «Tredici»

Sara Riahi. è la titolare del negozio di calzature e accessori «Tredici»

"Non è un paese per giovani intraprendenti, quindi, a malincuore, faccio un passo indietro". Si riassume così la storia lavorativa di Sara Riahi. Da sempre appassionata di scarpe; durante il liceo prima e l’università dopo, lavora in grandi aziende italiane ed internazionali del settore calzature. Poi decide di fare il grande passo e a 23 anni apre un negozio tutto suo. Si chiama "Il Tredici", sotto i portici di via Roma, là dove per anni ha troneggiato la libreria Mori. Tredici come il giorno in cui lei e le sue due sorelle sono nate. Mamma e babbo sono due operai, niente aiuti, niente "sconti" per lei.

Apre con l’orgoglio di aver fatto tutto con le proprie forze, con i soldi messi da parte con i primi lavori e con un piccolo mutuo. Sara comincia a girare l’Italia alla ricerca delle poche pelletterie a conduzione familiare rimaste sulla piazza. Per il suo negozio vuole oggetti particolari, piccola pelletteria. L’entusiasmo è alle stelle, ma il periodo non è dei più propizi. Dopo due mesi scoppia la pandemia. Per sette mesi il negozio rimane chiuso: Il Tredici non vende scarpe per bambini non rientra quindi fra le attività di prima necessità. A casa, senza uno stipendio, e con i due mila euro di affitto da pagare ogni mese. "Ci sono state giornate in cui avrei voluto scappare, sparire per sempre", ma Sara è una tosta e non si lascia piegare. Fa doppi lavori e riapre, ancora più forte e soprattutto ancora più in grande e con una nuova linea di abbigliamento da accostare alle sue amate calzature.

"Un nuovo faro di speranza per me, e per tutti quelli che volevano uscire da quel tunnel". Da sotto i portici, si sposta in via Madonna del Prato. Il negozio va piuttosto bene; riesce a coprire i buchi fatti durante il Covid, fino a che non sono sopraggiunte complicazioni di salute. Arrivano dei momenti nella vita in cui cambiano le priorità. E così è stato per Sara. "Dedicavo tutto il mio tempo all’attività. Sono sola, non mi sono mai potuta permettere una commessa e poi gli affitti ad Arezzo sono folli, manco fossimo a Milano" spiega. Sara è arrivata alla conclusione che tutti gli sforzi messi in campo non valessero più la pena. "Il mio sogno l’ho realizzato: per 5 anni ho portato avanti un’attività da sola. Le soddisfazioni sono state tante" continua. "Ma l’Italia non è un paese per giovani intraprendenti. Gli aiuti sono scarsi, nessuno si preoccupa di noi". Sara non chiude perché ha l’acqua alla gola. E forse per un paese è una sconfitta ancora più grande. Chiude perché in quel negozio, che lei ha amato alla follia, non vede un futuro compatibile con la sua vita privata, con una famiglia; a proposito Sara il prossimo anno si sposa. "Lascio perché non ci sono le condizioni per portare avanti un progetto in cui ho investito tutto il mio tempo e la mia salute" spiega. Sara non lascia la sua passione per le scarpe, ben presto tornerà ad essere una dipendente. "Tanto, tantissimo tempo in negozio, tanti pensieri fuori, spese a non finire e poi uno stipendio forse inferiore da quello di un dipendente. Non ci lasciano seguire i nostri sogni; il posto fisso sembra l’unica alternativa in questo paese. Chiudo serena, consapevole di aver fatto di tutto per offrire il mio prodotto e strappare un sorriso alle mie clienti".