Arezzo, 27 febbraio 2024 – Un messaggio appiccicato alle vetrine, come un ultimo saluto che resta, la traccia di una lunga storia: "Grazie per il vostro affetto". La Baraonda tira giù la saracinesca, dopo 47 anni. Se ne va un altro negozio storico del centro, tra via Garibaldi e via Madonna del Prato, con gli occhi di Luciano Della Giovampaola e Angela Botti per decenni spalancati sulla città che cambia pelle. "In quasi mezzo secolo abbiamo assistito a tante trasformazioni", spiega Luciano ripercorrendo le tappe di un’impresa avviata quando lui era uno studente di Agraria e Angela lavorava come commessa nello stesso negozio che, di lì a poco, avrebbero rilevato e mandato avanti con passione e sacrificio. Superata la soglia dei sessant’anni, la lunga resistenza ai guasti del Covid, e la concorrenza delle grandi catene di abbigliamento, hanno deciso di fermarsi.
"Abbiamo rinunciato a tante cose che volevamo fare e ora ci dedichiamo a realizzarle". Ma quelle vetrine restano nella memoria di chi, come loro, ha scommesso su un mestiere da costruire con fatica, anticipando le tendenze del mercato e lo stile della clientela. Che alla Baraonda, in tutti questi anni ha "scelto e apprezzato una tendenza moda classica. La maglieria è il settore nel quale con Angela siamo sempre andati fortissimo. Maglieria di qualità: i clienti che tornavano da noi con capi di sei anni prima", rivendica con un pizzico di orgoglio. Lui è un "figlio d’arte", si potrebbe dire perchè i genitori sono stati i pionieri del commercio in via Cesalpino: "Erano i titolari della storica tabaccheria e alimentari in cima alla via. Hanno segnato un’epoca e offerto un servizio importante agli aretini, sopratutto fino all’avvento dei supermercati".
Istantanee di un tempo che oggi si nutre di memoria ma rappresenta un passaggio identitario fondamentale in una comunità. Molti negozi hanno fatto la storia della città e con loro i commercianti che hanno avuto il coraggio di scommettere sul futuro. Su quel biglietto che annuncia la fine di un’epopea e l’inizio di un tempo nuovo, c’è il senso del negozio di vicinato e quel filo che, umanamente, lega le persone. "C’è stato chi, quando ha saputo della chiusura del negozio, si è messo a piangere; altre persone hanno compreso la nostra scelta e altre ancora hanno esclamato: e ora come faccio?", racconta Luciano sorridendo. "Vuo dire che siamo stati bravi", è la chiosa al ragionamento che serve a sottolineare il valore di un servizio "fatto a regola d’arte".
Il suo negozio come tanti altri ha subito il colpo - durissimo - del Covid: "Sei mesi chiusi mentre magari altre attività continuavano a restare aperte, è stata una ferita importante che abbiamo dovuto curare con pazienza". Ma l’altro "virus" che si insinua nel triangolo d’oro del centro è "il mangia e bevi" che spesso apre le saracinesche che alcuni commercianti decidono di abbassare. "Se in questa zona un negozio tradizionale chiude, ecco che subito apre un ristorante, un bar, una pizzeria, sono quelle che continuano a crescere". Luciano e Angela ora si riprendono un pezzo di tempo e di vita, con un biglietto in tasca per quel viaggio a lungo sognato ma finora rimandato: Parigi.