Arezzo, 30 dicembre 2024 – “Noi siamo de Roma”: e un po’ lo siamo anche noi. Perché nel fiume in piena di turisti che continua ad abbattersi in città, la capitale fa ancora la parte del leone. La famiglia che si gusta le ultime ore del mercatino tirolese è in buona compagnia.
La coda della Città di Natale incassa un weekend da oltre 150mila presenze, forse duecentomila. Che diventano la gustosa ciliegina su una torta che ormai è un fenomeno a livello nazionale. Perché la scalata di Arezzo tra le feste sotto l’albero è travolgente. Mezza Italia sta a casa e stira l’abito per il cenone di Capodanno. L’altra metà, pare abbia deciso in massa di abbattersi qui.
“Abbiamo raggiunto il milione e mezzo di presenze” conferma Gianluca Rosai, vicedirettore di Confcommercio. Simone Chierici, presidente della Fondazione Intour, non si avventura mai, per scelta, nel mondo dei numeri ma gongola come poche volte in passato per l’effetto Città del Natale. Da anni l’obiettivo della Fondazione è proprio quello di tenere alta l’attenzione anche dopo Natale, da qui la scelta di estendere il percorso e rafforzarne le attrazioni: il risultato si vede.
Da oggi è chiuso il mercatino tirolese e perfino i protagonisti se ne vanno a malincuore, non a caso dicendosi pronti tra un anno ad allungare fino alla Befana. Di fatto la città sembra tornata all’inizio dell’evento. I camper calano in forze, una finestra importante nel loro calendario.
La Lego ha toccato ieri il picco massimo di presenze dall’apertura di metà novembre. In piazza Grande ci si arriva solo dai vicoli collegati (Pescaia e Borgunto) o a passo d’uomo su per il Corso, intasato come il grande raccordo anulare di Roma. Dalla mattina si riaccende tutto, le code si moltiplicano: nel pomeriggio il tappeto di teste si spalma non solo dai Portici in su, ma anche dai Portici in giù, in un centro monopolizzato dal Natale che non c’è più.
Una festa nella quale si moltiplicano i personaggi segno del successo a sei zeri aretino. Le guide dei gruppi con le bandierine e gli auricolari alle orecchie dei turisti provano a trainare i loro clienti tra gli ingorghi del percorso. Ai crocicchi piccoli artisti crescono: chitarristi, soprano, con la custodia degli strumenti aperti e le monetine da un euro lanciare come nella Fontana di Trevi.
Si moltiplicano i venditori di palloncini, non più quelli rossi e blu di un tempo ma quelli trasparenti tempestati di lucine che scintillano dall’interno. La folla dei questuanti è al livello di guardia: li trovi nei parcheggi, a presidiare le casse automatiche, e poi non ti mollano più fino alla Fortezza. “Mi compra i calzini?”: pochi li comprano, al massimo qualche offerta dai più generosi o dai più infastiditi.
I bagni, pur decisamente aumentati rispetto ad un anno fa, registrano il tutto esaurito. La maggior parte, e giustamente, sono a pagamento: ma il dribbling è dietro l’angolo. Esempio? Quello dietro la Casina del Prato: 50 centesimi e la porta si apre automaticamente con un impulso elettrico, ma nelle comitive uno lascia l’uscio aperto agli altri e così in 40 entrano e si servono per un totale di 50 centesimi.
Ma sono dettagli: perché l’indotto che precipita su Arezzo è travolgente, perché i locali hanno code superiori a quelle dei bagni, perché i parcheggi fanno il pieno di incassi. Qualche attività aveva deciso di chiudere ieri, pensando fosse una domenica minore. Un grave errore. E c’è già chi perde il sorriso all’idea che l’Epifania tutte le feste le porti via. Cara Befana, almeno Natale lasciacelo ancora per un po’, ci fa davvero comodo: siamo o non siamo de Roma?