di Luca Fiorucci
Avrebbero reclutato cittadini stranieri, anche clandestini, per impiegarli in nero.
Il giudice per le indagini preliminari ha emesso un’ordinanza cautelare nei confronti di cinque indagati, cittadini marocchini e tunisini di età compresa tra i 35 e i 45 anni, legati tra loro da vincoli parentali, residenti nel Perugino, con il blitz che ha riguardato anche l’Aretino e, in particolar modo, la Valdichiana. Per uno di loro sono stati disposti gli arresti domiciliari, mentre per gli altri quattro l’obbligo di presentazione all’autorità giudiziaria. Gli indagati risultano titolari di due ditte agricole.
Le indagini condotte dal Nucleo ispettorato del lavoro , in collaborazione con i militari dell’Arma , Grosseto e Siena, sono partite in seguito alla denuncia di una società cooperativa sociale che si occupa di persone vittime di tratta, che ha segnalato il caso di un cittadino nigeriano, clandestino, vittima, secondo la denuncia stessa, di sfruttamento lavorativo e violenza da parte degli indagati.
Dagli accertamenti, riferisce la Procura della Repubblica , sono emersi diversi episodi di sfruttamento. Gli addetti reclutati per lavorare in ambito agricolo avrebbero guadagnato una media di 6 euro all’ora per prestare servizio tra le 8 e le 10 ore in aziende agricole , Grosseto e Siena in condizioni "indegne e particolarmente faticose, senza alcuna dotazione di dispositivi di sicurezza, senza alcun tipo di formazione e senza l’invio alle previste visite mediche" a fronte di un contratto che prevedeva sei ore di lavoro al giorno.
Dalle indagini, inoltre, è emerso che circa 70 stranieri sarebbero stati oggetto di sfruttamento, tra loro molti clandestini.
Quasi tutti i lavoratori, inoltre, avrebbero alloggiato in un casolare fatiscente a Panicale, in provincia , pagando 150 euro al mese. Somma che, hanno rilevato le indagini, sarebbe stata sottratta in maniera arbitraria se non con la violenza e sotto minaccia dalla paga. Dal casolare, i lavoratori sarebbero partiti con furgoni sovraffollati per raggiungere i luoghi di lavoro, senza il rispetto di alcun tipo di diritto.
Inoltre, durante un accesso in una delle aziende agricole, il titolare avrebbe mostrato un falso attestato sulla sicurezza, risultato essere stato creato ad hoc da un centro di formazione di Grosseto.
La titolare e due collaboratori esterni, che avrebbero svolto la funzione di docenti, sono stati denunciati per aver redatto, in concorso tra loro, falsi attestati sulla sicurezza.
Difronte al quadro indiziario ricostruito, la Procura della Repubblica ha chiesto e ottenuto anche un sequestro preventivo per oltre 230mila euro a carico dell’indagato ristretto ai domiciliari. Sequestrati anche i furgoni utilizzati per le trasferte.
"Ancora una brutta pagina di caporalato e di sfruttamento nel nostro Paese" hanno dichiarato Marco Simiani e Stefano Vaccari, capigruppo Pd in Commissione Ambiente e Agricoltura.
"Sapere che è stata sgominata una rete di padroncini in grado di fare l`intermediazione con aziende agricole incuranti della forza lavoro messa loro a disposizione non può certo bastare. Servono controlli più costanti e a tappeto per interrompere un fenomeno che si sta allargando in molte zone del Paese. Non si tratta solo di attivare le forze di polizia rafforzando organici e tecnologie ma occorre attivare una rete di monitoraggio che comprenda istituzioni e realtà produttive. Il diritto al lavoro non può prescindere dall`eliminazione di qualsivoglia ricatto nei confronti di chi ha problemi economici e di sopravvivenza". "Altra questione – concludono gli esponenti del Pd – riguarda la possibilità che vengano adottate sistemi di collocazione pubblica per i lavoratori occasionali e stagionali in agricoltura ed infine, non da ultimo, è quello di rendere tutte le persone visibili regolarizzando i lavoratori stranieri, più soggetti di altri, a cadere nella rete del caporalato".