GLORIA PEUZZI
Cronaca

"Così è nato il romanzo dell’anno". Recchia presenta il suo best-seller. E annuncia che presto sarà un film

La scrittrice lancia "Tutta la vita che resta" a Bibbiena: i disturbi alimentari, il rapporto con la madre "Non costruisco i protagonisti, li incontro". Pronto il secondo libro: una saga familiare prima dell’estate.

Un viaggio tra le storie. Dal 24 febbraio al 16 marzo, il Festival del Libro per ragazzi di Bibbiena ospiterà autori come Pablo Trincia, Pierdomenico Baccalario, Luigi Garlando, Marco Erba, Barbara Tamborini, Andrea Franzoso, Claudia Fachinetti e Roberta Recchia (programma su leggerelibri.it). Organizzato dal Comune di Bibbiena con la Biblioteca comunale e il Mondadori Point di Katia Albertoni, il festival proporrà incontri, laboratori e una mostra di ottomila libri, ispirandosi al tema del viaggio come scoperta interiore e ricerca di sé. Un tema presente anche nel libro "Tutta la vita che resta" (Rizzoli), il romanzo di Roberta Recchia, miglior esordio 2024, che sarà presentato il 1° marzo (ore 21), che arriva dopo anni di attesa.

Recchia, cosa l’ha frenata per tanto tempo? "L’insicurezza. Scrivo da oltre quarant’anni, ma non ho mai pensato che i miei scritti meritassero di essere pubblicati". Come ha vissuto il passaggio da insegnante a scrittrice di successo? "All’inizio ero disorientata, è stato come entrare in un frullatore. Però, dopo oltre cento incontri con i lettori sto trovando il mio equilibrio".

Cosa ha ispirato la storia del romanzo? "Non è autobiografica, ma ci sono frammenti di me. A posteriori, mi sono accorta che il disturbo alimentare di Miriam, il difficile rapporto con la madre e il tema della perdita sono aspetti che ho vissuto nell’adolescenza, anche se per motivi diversi". Nel libro colpisce il concetto di dimenticanza. "È il termine che descrive meglio la reazione alla perdita di qualcuno che abbiamo amato profondamente. Marisa coltiva il suo giardino del dolore proprio perché ha paura della dimenticanza. Invece, paradossalmente per Miriam è diventata una medicina, una cura".

Come sono nati i protagonisti? "Non costruisco i personaggi a tavolino, ma li incontro, è come se mi introducessero alla loro storia. La prima è stata Miriam, poi ho scoperto la storia di Marisa". E Corallina? "È arrivata inaspettatamente, proprio come al lettore. Si è fatta spazio nella storia e nel cuore di tantissimi lettori e lettrici. Corallina è stata una sfida narrativa che ho affrontato con il timore di scivolare nei cliché".

Le piacerebbe che il libro diventasse un film? "Sì! Stiamo lavorando a questa possibilità". Ha già in mente gli attori? "Difficile associarli a qualcuno di reale, perchè, nella mia mente, i personaggi hanno volti precisi".

Tra scrittura e insegnamento, cosa ama di più? "Sono più vicini di quanto si pensi: entrambi richiedono creatività e capacità di coinvolgimento, e si arricchiscono a vicenda. Dell’insegnamento amo il contatto con i ragazzi: li osservo, colgo spunti dalle loro vite e conversazioni, e questo nutre la mia scrittura".

Cosa vorrebbe trasmettere ai ragazzi del festival? "L’importanza del rispetto, della non violenza tra uomo e donna e del dialogo con i genitori. Vorrei che imparassero a esprimere le proprie fragilità, senza paura di mostrare i momenti di debolezza. Spero che il mio romanzo li spinga a riflettere su questo".

C’è un modo per rendere la lettura più attraente ai ragazzi? "Non è facile, ma prima di preoccuparsi che non leggano, bisognerebbe capire le loro difficoltà: non hanno empatia e una soglia di attenzione bassa. Se cominciassimo a lavorare su questi aspetti anche leggere diventerebbe naturale".

Non si farà attendere altri quarant’anni? "No, no, prima dell’estate uscirà il nuovo libro". Di cosa parlerà? "È un romanzo di formazione e familiare, che racconta due famiglie attraverso gli occhi di un ragazzo la cui crescita è segnata da un evento determinante. Per ora non posso svelare di più".