Il Covid rialza la testa e l’influenza scalda i motori. Si riapre la stagione dei virus che già "chiudono" in casa molti aretini. E al San Donato si riaffacciano pazienti ricoverati solo per gli effetti del Covid. Danilo Tacconi, al timone del reparto di Malattie Infettive analizza l’incrocio tra virus stagionali con alcuni "avvisi ai naviganti".
Tacconi, perchè il Covid ha ripreso a correre?
"Rispetto alla fase emergenziale della pandemia non esiste un monitoraggio come è stato in precedenza, noi lavoriamo sulla base di ciò che riscontriamo nella quotidianità. C’è una ripresa della sintomatologia febbrile con problemi respiratori a cui corrisponde nella maggiorparte dei casi l’infezione da Covid ma ci sono anche altre infezioni".
Siamo già all’influenza?
"È stato isolato il primo caso in Italia, a Novara. Le infezioni che si trasmettono per via respiratoria hanno una progressiva diffusione con l’andamento della stagione. Tra novembre e dicembre è prevista l’escalation".
Gli esperti parlano di un virus aggressivo. Che significa e come ci si difende?
"È una definizione collegata alla sua mutazione. In realtà possiamo dire che i lotti di vaccino già in somministrazione contengono gli stessi ceppi dello scorso anno perchè non ci sono stati cambiamenti significativi da parte del virus. Ma c’è un altro indicatore significativo...
Quale?
"La pandemia ha insegnato a usare mascherine, igienizzare le mani, ridurre la promiscuità in ambienti chiusi. Una protezione che ha tenuto lontana anche l’influenza: chi non l’ha incontrata per tre anni e lo fa ora, può sviluppare una sintomatologia anche in forma più pesante. Penso ad anziani, immunodepressi, pazienti con patologie croniche per i quali è indicata la vaccinazione sia per l’influenza che per il Covi".
Ma se il Covi ha perso la sua virulenza, è ancora utile vaccinarsi?
"Attualmente le indicazioni per la vaccinazione riguardano le categorie a rischio. Il virus è cambiato, le sue varianti sono meno impegnative e in generale, nella popolazione è sviluppato un tasso più alto di immunità. Tuttavia non possiamo avere la certezza che questo virus, seppure mutato in senso buono, non possa provocare problemi. Per questo sono importanti le indicazioni per le persone fragili che potrebbero trarre beneficio dal vaccino che, va detto, non evita l’infezione ma aiuta ad evitare le complicanze".
Al San Donato avete persone ricoverate solo per Covi?
"Ci sono pochi casi, che hanno sviluppato l’infezione in maniera importante: sono pazienti fragili o complessi, cioè con varie patologie pregresse. È chiaro che la recrudescenza del Covi potrebbe avere un effetto anche sui ricoveri dal punto di vista della probabilità. Per ora non è così".
Lei ha studiato molto le terapie monoclonali. Come sta proseguendo la ricerca e a quali altri settori può estendersi?
"Il Covi ci ha insegnato a usarle nelle malattie infettive ma l’applicazione può essere estesa. Intanto a breve usciranno le monoclonali per il virus respiratorio sinciziale nei bambini al di sotto di un anno. La Regione ha dato l’ok alla terapia preventiva per i bimbi che rischiano di sviluppare complicanze".
Il Covi ha ancora paura?
"Fa meno paura perché lo conosciamo di più ma è una malattia che va intenzionata e sorvegliata".
A quando la prossima missione umanitaria in Africa?
"È in cima alla lista dei miei desideri, intanto i colleghi aretini partono a fine mese".