L’inchiesta su una delle grandi famiglie dell’Arezzo bene comincia nel novembre 2018 con un clamoroso blitz della Guardia di Finanza, che esegue quattro ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari (due ai danni di Antonio e Andrea, confinati nelle proprietà di famiglia) e altre di interdizione dalle cariche sociali nei confronti dei parenti più stretti. L’accusa iniziale del Pm Dioni, condivisa dal Gip Piergiorgio Ponticelli, è di autoriciclaggio per 25 milioni, la somma dei beni posta sotto sequestro. Gli avvocati danno battaglia per un paio d’anni, ma poi arriva lo scacco al re del Pm: la contestazione di bancarotta che convince le difese a scegliere la via dei patteggiamenti.
CronacaDa autoriciclaggio a bancarotta