Vuole parlare, dire la sua verità. Spiegare cosa è successo e perchè ha colpito e ucciso Letizia. Ma non ce l’ha fatta. E al termine di una mattinata movimentata, Irfan Muhaned Rana, fa un passo indietro. è colto da uno stato di agitazione durante il primo faccia a faccia con il gip per l’udienza di convalida del fermo, scattato domenica notte, dopo la confessione.
No, non ce l’ha fatta, forse quel senso di colpa che lo devasta, forse quella scena che lo insegue e forse, non lo lascerà mai. Nel pomeriggio il giudice delle indagini preliminari Stefano Cascone conferma l’arresto e dispone la custodia cautelare in carcere. La ragione della misura sta nel convincimento del giudice che il pakistano potrebbe reiterare il reato. In altre parole: il trentasettenne potrebbe uccidere ancora. L’accusa è di omicidio volontario. Lui ha confessato davanti ai carabinieri che lo avevano convocato in caserma insieme alle persone che vivevano nel casolare tra Foiano e Pozzo. Ma la sua versione dei fatti nella notte di domenica, non aveva convinto gli investigatori. L’uomo ha ammesso di aver ucciso Letizia colpendola alla testa, ma al procuratore capo Gianfederica Dito e la pm che coordina l’inchiesta Angela Masiello non ha svelato il movente. L’ultimo tassello per chiudere il puzzle del delitto di Foiano. Ed è su questo che i carabinieri stanno ancora lavorando. Irfan Muhaned Rana ha sferrato un colpo secco che ha ferito Letizia Girolami, 72 anni, alla testa. Un ferita profonda, nella parte frontale, che non le ha lasciato scampo. L’arma del delitto? Potrebbe essere un pezzo di legno lungo circa venti centimetri ma pure un attrezzo agricolo insanguinato, trovato nel campo della tenuta dove è stato rivenuto il corpo della psicoterapeuta. Letizia era uscita di casa sabato pomeriggio ma a sera, il marito non vedendola rientrare aveva contattato la figlia manifestando la sua preoccupazione. E lei, in quei giorni all’estero, aveva lanciato la richiesta di aiuto e messo in moto la macchina delle ricerche e dei soccorsi. Solo nella notte tra sabato e domenica, il ritrovamento del corpo di Letizia: era riverso in una porzione di terreno poco distante dal cancello, la stessa ancora delimitata dalle transenne, dopo i rilievi del medico legale e degli specialisti del Ris che hanno prelevato alcuni campioni di oggetti trovati in quell’area.
Ieri mattina, il pakistano che aveva una relazione con la figlia della settantenne, ma ormai al capolinea, durante l’interrogatorio di garanzia, assistito dall’avvocato Fiorella Bennati, è entrato in confusione e non ha praticamente parlato nonostante l’aiuto di un interprete. "Non era nelle condizioni per poterlo fare", spiega il legale della difesa. Anche se nella prima fase dell’udienza, poi rinviata alla tarda mattinata per la mancanza di un interprete, sembrava che il trentasettenne avesse intenzione di rispondere alla domande del gip.
Irfan era stato accolto da Letizia nella sua casa e nella sua famiglia. Viveva nella dependance del casale ma pare che da qualche tempo avesse tensioni con la donna per motivi ancora da chiarire. La figlia, rientrata in Italia dalla Spagna, è accanto al padre, 72 anni, appassionato d’arte e pittore.
Nell’attività investigativa che non si ferma, in attesa dei riscontri dal Ris e dell’autopsia che sarà eseguita a breve all’istituto di medicina legale di Siena, c’è il ritrovamento di un attrezzo agricolo che riapre il dossier sull’arma del delitto. La notte scorsa i carabinieri sarebbero tornati al casolare proprio per prelevarlo. Forse anche lì sta la chiave del mistero.