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Cronaca

Del Tongo, addio ai fratelli del ciclismo Dopo Stefano si spegne Pasquale Il figlio fu vittima di un rapimento

Il fatto di cronaca sconvolse l’Italia per mesi fino alla liberazione: riscatto di 2 miliardi, il dono degli operai. L’epopea delle due ruote e dei grandi trionfi: Saronni oggi sarà al funerale. L’amarezza dell’azienda al capolinea.

Del Tongo, addio ai fratelli del ciclismo Dopo Stefano si spegne Pasquale Il figlio fu vittima di un rapimento

di Alberto Pierini

AREZZO

La magica coppia dei campioni del ciclismo non c’è più: o forse, chissà, si è ricomposta e ha ripreso a discutere dell’epopea del ciclismo. Pasquale Del Tongo ha raggiunto il fratello Stefano: è morto ieri, a 83 anni, lasciando nel dolore la moglie Silvana, il fratello Marcello, i figli, Laura e Francesco. Entrambi anche loro personaggi, sia pur per motivi diversi. Lei tra le protagoniste non solo dell’azienda di famiglia, poi tramontata bruscamente, ma anche della vita economica aretina. Lui al centro di un rapimento choc: nel 1980, stagione avvelenata da questi episodi, era stato il primo ad uscirne vivo. E oggi a celebrare il funerale del babbo sarà il suo liberatore, don Ivan Marconi, in tandem allora con don Franco Bindi, amici nella vita e di quella avventura.

Un incrocio di storie, al centro delle quali per una volta c’è proprio Pasquale. Dei due fratelli, pionieri dell’azienda e geniali nello sport, lui era quello più in ombra. Non perché il suo ruolo fosse meno cruciale, anzi: ma semplicemente perché faceva parte del suo carattere, dribblare i riflettori per vivere appieno le grandi emozioni. Fino all’ultima : il finale amaro dell’azienda, era il 2018, le lacrime al telefono, la cornetta passata alla figlia, nella difficoltà di commentare quello che era successo.

Stefano era l’uomo in vetrina, l’interlocutore fisso dei grandi campioni dello sport: e quanti ne avevano coltivati insieme. Baronchelli, Cipollini, Fondriest, Ballerini, il tedesco Thurau. Quel Chioccioli, unico aretino nella storia ad aver vinto il Giro d’Italia. E soprattutto Beppe Saronni: erano stati vicini a puntare su Moser, scelsero quel giovane rampante. "Glielo suggerii anch’io, era un numero uno" racconta spesso don Ivan Marconi. Un legame che da allora non si sarebbe mai interrotto.

Saronni veniva ogni anno a trovare Pasquale e tutto lascia pensare che oggi alle 15 sarà ai funerali, nella parrocchia di Spoiano, vicino alla loro casa, all’azienda, alle radici di tutto. L’industria era nata nel 1954, a cavallo di un boom economico che insieme alla casa esaltava i suoi ambienti, le cucine in testa. Pasquale era anche l’uomo dei rapporti con gli operai, con i dipendenti, davvero uno di loro fino in fondo. Sconvolto nei mesi di quel rapimento, tre mesi d’inferno dal marzo al 15 giugno del 1980. Avrebbero sborsato due miliardi per riprendersi Francesco, gli operai allora rinunciarono ad un mese di stipendio per contribuire al sacrificio economico. Il segno del legame doppio che avevano creato sul luogo di lavoro.

A riportarglielo era stato don Ivan, salito insieme all’amico Franco fino alla Futa, su una 126 bianca. All’arrivo bendati loro e mascherati i banditi, la pistola sulla tempia della quale il sacerdote ancora ricorda il contatto freddo. Da allora era nato un legame indissolubile con la famiglia. Ogni cerimonia, ogni evento sarebbe stato scandito o benedetto dalla sua presenza.

Da loro Ivan prese anche la passione del ciclismo, era lui a organizzare il pullman dei tifosi per i campionati del mondo. In gara anche i campioni di Pasquale: al quale sarà lui a dire addio sul "traguardo" di Spoiano.