Arezzo, 18 luglio 2018 - Esce dall'aula del Gup Fabio Lombardo con passo un po’ più leggero anche se ancora oppressa dall’enormità del suo delitto: il marito ammazzato a colpi di mattarello, il 25 settembre, nel pieno della Festa del Perdono di Terranuova. E’ andata bene a Clara Vannini, 59 anni, la moglie assassina con laurea in psicologia e il male oscuro della depressione a divorarle il cervello: nove anni e quattro mesi di pena contro i sedici che aveva chiesto il Pm Angela Masiello.
Anche quando uscirà dal carcere (a metà condanna espiata con la buona condotta) se la caverà con un anno di libertà vigilata, contro i dieci di ricovero in struttura psichiatrica protetta (il vecchio manicomio giudiziario ora soppresso) che aveva proposto l’accusa. Lei, quasi un anno dopo, continua a dire che non ricorda niente di quanto accadde nel tragico pomeriggio in cui, secondo la perizia psichiatrica che l’ha dichiarata parzialmente incapace di intendere cosa stava facendo, ebbe una sorta di cortocircuito, una lampadina che si spegne e ti lascia nel buio delle tue angosce più segrete e disperate.
Come il dolore infinito per l’ictus che aveva colpito il marito Enzo Canacci, sessantaduenne, tre anni prima, e il rimpianto per una vita di coppia spezzata dalla malattia. Fole, fantasmi, paure che forse sono rimbalzate nella mente di Clara, difesa dall’avvocato Antonino Giunta, anche nei due viaggi, andata e ritorno, fra il carcere di Sollicciano, dove è detenuta, e Arezzo, nel corso dei quali ha sfiorato in autostrada anche la casa del delitto di Terranuova.
Lì la figlia di 25 anni scoprì l’orrore alle 10 di sera, di ritorno appunto dalla Festa del Perdono: per terra, fra una camera e il bagno, c’era il babbo con la testa spaccata, ormai morto anche se lei lo credette agonizzante e chiamò persino il 118, in salotto invece la mamma era abbandonata su una poltrona, imbottita degli psicofarmaci coi quali aveva abbozzato un tentato di suicidio. La portarono subito in ospedale per una rapida disintossicazione, ma già nella prima confessione alla figlia e poi ai carabinieri Clara aveva detto: sono stata io. Come?
Nella ricostruzione dei carabinieri e del Pm Masiello, la moglie aggredì Canacci alle spalle, con un mestolo. Poi, quando era già a terra, lo colpì con il mattarello, uno di quelli che le antiche massaie adoperavano per spianare la sfoglia della pasta fresca. Infine, gli strinse un foulard intorno alla gola. Tutto dovrebbe essere avvenuto nel tardo pomeriggio, forse per una lite scatenata dal fatto che il marito, vitalissimo nonostantela disabilità dell’ictus, ancora presidente dell’Avis locale e animatore del circolo Enel, voleva uscire per andare al Perdono mentre la moglie, devastata dal suo male oscuro, preferiva rimanere rintanata dentro casa.
Uno scenario ipotetico, ovviamente, perchè lei continua a dire che ha rimosso la memoria di quanto successo, ha un vago ricordo solo della pozza di sangue. Bene, tutto ciò per il Pm Masiello valeva una condanna a 16 anni: i 24 dell’omicidio volontario aggravato dal rapporto di matrimonio scontati di un terzo per il rito abbreviato, con l’attenuante del vizio parziale di mente a compensare l’aggravante.
Il Gup Lombardo ha fatto invece un calcolo più benevolo: l’incapacità di intendere parziale prevale sull’aggravante dell’aver agito in danno del coniuge e fa scattare un’ulteriore riduzione della pena a 9 anni e 4 mesi. Ora su Clara Vannini, colpevole dell'omicidio del marito Enzo Canacci. cala il sipario. Lei per prima, adesso che ha recuperato in carcere un po’ di equilibrio, vuole solo essere dimenticata. Ma resta il passaggio dell’eventuale processo d’appello.
Salvatore Mannino