Arezzo, 10 novembre 2024 - “Servono corpi speciali, come dopo l’assalto alla Salp. Allora si riuscì ad allontanare il fenomeno dal nostro territorio”. Allora era il 2011, e un intero borgo - Poggio Bagnoli - fu preso in ostaggio da un commando di banditi che assaltarono l’azienda orafa. Oggi gli imprenditori fanno di nuovo i conti con un’escalation di colpi che riaccende la preoccupazione e fa scattare il piano di sicurezza. In prima liena i vertici di Prefettura e forze dell’ordine. Marco Benedetti nove mesi fa ha subìto un assalto nella sua azienda , la Jessica Jewel. Strade sbarrate con i tronchi d’albero, auto rubata usata come ariete per sfondare il cancello e cassaforte coi preziosi fatta saltare. Bottino ingente. Nove mesi dopo, Benedetti non si arrende e guida l’azienda di famiglia fondata nel 1985. “Mai mollare, abbiamo la responsabilità del nostro lavoro e del futuro dei dipendenti”.
Tuttavia, ha deciso di abbandonare la produzione in oro per abbracciare quella in argento: “Meno rischioso”, spiega con il pragmatismo dell’imprenditore che guarda avanti. Lui non ha paura, “non l’ho mai avuta”, e tuttavia legge la sequenza degli assalti negli ultimi mesi con quel sottile senso di insicurezza con cui ogni imprenditore orafo sa di dover convivere. “Dopo il colpo alla Salp furono messe in campo forze speciali, cioè competenti e preparate a fonteggiare questo tipo di assalti. C’erano agenti in borghese che giravano con auto normali e con un piano di azione dettagliato. Del resto, per una situazione speciale come questa, servono forze speciali”.
Apprezza il potenziamento degli uomini in campo “benissimo gli agenti in più che arriveranno ma da soli non bastano ad arginare un fenomeno che ha collegamenti con gli altri distretti orafi”. Un punto di vista, che Benedetti focalizza anche in base alla sua esperienza: “La banda che ha preso di mira la mia azienda, pochi giorni prima aveva fatto un colpo a Bassano con le stesse modalità. Si tratta di furti organizzati a tavolino”. Per questo, sollecita “un maggiore raccordo nello scambio di informazioni tra le procure dei distretti orafi, oltre ad Arezzo penso a Vicenza e Valenza, perchè è già successo che queste bande si muovano da un distretto all’altro. Agiscono in pochi minuti e con sfrontatezza, non hanno paura”.
Nel “pacchetto” di misure Benedetti richiama anche la “necessità di un raccordo più incisivo tra le istituzioni e gli istituti di vigilanza privata, proprio per creare una task force dedicata a quella che sta diventando un’emergenza”.
Lui va avanti esportando i suoi preziosi in tutto il mondo, “dall’America all’Asia passando per l’Europa fino in Oceania”, ma “ogni volta che si apre un giornale e si legge di assalti alle aziende orafe si va a dormire con le orecchie dritte: ci si premura di avere accanto il telefonino sempre carico, c’è una sorta di dipendenza dai sistemi elettronici che ci consentono di stare connessi con l’esterno. Tutto questo non ti fa vivere serenamente, ma arrendersi significherebbe darla vinta ai malviventi”.