LUCIA BIGOZZI
Cronaca

"Io, in trappola come Giulia". Dalla stretta al collo alla nuova vita, storia di una donna che ce l’ha fatta

L’insegnante vive in provincia e da quattro anni ha riconquistato la libertà: "Lui rifiutava le responsabilità. Litigi, schiaffi e pugni per anni. Una sera ho rischiato di morire"

La manifestazione a Firenze per Giulia Cecchettin

La manifestazione a Firenze per Giulia Cecchettin

Arezzo, 25 novembre 2023 – “Giulia è caduta nella trappola nella quale sono caduta io per anni". Una trappola fatta di "sensi di colpa, con l’uomo che fa la vittima: non mi lasciare altrimenti mi ammazzo, senza di te non possono vivere". È in quell’istante che bisogna tagliare il cordone di un legame malato. È l’esortazione di Stefania, 55 anni, insegnante aretina, che nel giorno delle scarpette rosse e dei nomi di 108 vittime (dall’inizio dell’anno), scanditi sulle piazze o nelle commemorazioni, racconta la gabbia dove è rimasta prigioniera per 33 anni e come ne è uscita. Oggi è una donna libera. E libertà è la parola che ricorre nella testimonianza che la riporta a quell’inferno.

Stefania si è sposata a 22 anni, suo marito ne aveva 23, come Giulia e Filippo?

"Sì, nel 1989 eravamo due ventenni e avevamo un figlio in arrivo. Tra di noi c’era una forte attrazione fisica, ma con gli anni mi sono accorta che non c’era altro".

Cosa è successo?

"Ci siamo sposati, ho accettato di trasferirmi dalla mia città nella casa dei suoceri per poi trovare un’abitazione tutta nostra. Ma quando richiamavo il mio ex alle responsabilità di marito e di padre, lui si rifiutava, diventando aggressivo".

Fino a che punto?

"Ogni volta che lo mettevo di fronte a una cosa non fatta per la famiglia, erano spinte e schiaffi a ripetizione. Io gli chiedevo di realizzare la nostra casa affrontando i sacrifici, lui invece comprava cavalli e tutto quello che gli faceva piacere. Una volta mi mi ha dato un pugno in faccia, avevo un occhio nero".

Ha denunciato?

"Quel giorno ho preso mio figlio e sono tornata dai miei che, tuttavia, mi indicavano di denunciarlo ma poi di non troncare il matrimonio, ingenerando in me un senso di colpa. Anche chi ha raccolto la denuncia alla fine mi ha detto: sei molto giovane, ripensaci. A quel punto ho cambiato atteggiamento per salvarmi".

Come?

"Ho cercato di prevenire la sua rabbia, di fermarmi un attimo prima che scattasse la violenza su di me. In pratica, mi sono caricata sulle spalle ogni responsabilità della famiglia, mentre lui pensava solo ai suoi piaceri. Al tempo stesso, mi sono costruita un mondo parallelo".

In che senso?

"Ho investito nella mia professione, mi sono inserita in un contesto sociale e politico qualificante, ho coltivato amicizie che durano da 35 anni".

Come è cambiato il menàge?

"Siamo andati avanti per 33 anni, gestivo tutto io per lasciare tranquillo lui".

Ma non è servito a nulla.

"È arrivato il giorno più brutto: ho scoperto tradimenti con altre donne e gli ho chiesto conto. Lui mi ha aggredito stringendomi al collo. Sentivo la stretta e sapevo che rischiavo di morire, ma l’ho guardato dritto in faccia. A un certo punto ha mollato la presa, tornando a messaggiare con le sue amanti".

Quando è iniziata la rinascita?

"Quando sono andata al Centro antiviolenza. Con un avvocato ho costruito un iter allontanarmi da casa senza abbandonarla perchè io non avevo colpe. Il Centro è stato fondamentale perchè mi hanno liberato dai sensi di colpa. Dico alle donne in difficoltà di farlo subito: nessuna verrà giudicata".

Lei è insegnante, cosa può fare la scuola?

"È un problema culturale, storico e politico, tutti sono chiamati a fare la propria parte. Non donne contro uomini, ma insieme. Va cancellata l’idea che l’uomo è più forte, non solo fisicamente ma anche in ambito professionale e sociale".