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Ristrutturano casa per il figlio e altri 4 ragazzi disabili: "Dopo di noi sarà autonomo"

La mossa di Lucia e Andrea Tarch: i due genitori, ultraottantenni, realizzano la soluzione e affidano la gestione ad una cooperativa

La famiglia Tarchi

La famiglia Tarchi

Arezzo, 24 luglio 2019 - “La sua famiglia non saremo più noi ma lui stesso. Sarà un uomo indipendente”. Lucia e Andrea Tarchi si preparano a garantire un nuovo futuro al figlio Stefano. Nessuna separazione, nessun trauma ma la concretizzazione di un progetto al quale i due anziani genitori, ultraottantenni, lavorano da tempo. Stefano tornerà nella casa di famiglia a Partina, nella campagna del Casentino. Ci tornerà in modo diverso rispetto a prima perché con lui vivranno altri 4 disabili: i suoi genitori hanno messo a disposizione, conferendolo in uno specifico trust familiare, l’immobile di quasi 400 metri quadrati con un giardino di 600 metri quadrati.

La gestione del cohousing sarà affidata alla cooperativa sociale Koinè in una logica di collaborazione con la Usl Toscana Sud Est, il Comune di Bibbiena e l'Unione dei comuni montani del Casentino. Agli ospiti che vivranno a Partina continueranno ad essere garantite le attività diurne che oggi sono svolte dai centri diurni Isola che non c’è a Bibbiena, Tangram a Rassina e Il Pesciolino rosso a Pratovecchio. L’iniziativa ha come cornice il progetto “Niente su di noi senza di noi” ed è una risposta originale e innovativa all’angosciante domanda che si pongono tutti i genitori che hanno figli con disabilità: cosa gli accadrà una volta che noi non ci saremo più. Casa Partina verrà inaugurata venerdì 26 luglio alle ore 18. Interverranno Filippo Vagnoli, Sindaco di Bibbiena; Eleonora Ducci, Assessora alle Politiche Sociali dell’Unione dei Comuni Montani del Casentino; Evaristo Giglio, Direttore Zona Distretto Arezzo-Casentino-Valtiberina Usl Toscana sud est; Lucia e Andrea Tarchi che con il trust familiare hanno conferito l’immobile e Paolo Peruzzi, Direttore generale della cooperativa sociale Koinè. Le legge 112 del 2016, conosciuta come legge sul "dopo di noi" prevede il trust, cioè uno strumento di protezione legale che consente, come in questo caso, ad una famiglia che ha un figlio disabile di garantirgli un futuro. Il genitore o la famiglia, infatti, possono destinare alcuni loro beni ad un fondo appositamente costituito, avendo la garanzia che questo patrimonio verrà utilizzato a beneficio del loro congiunto disabile. Nell' articolo 1 della legge si stabilisce che la norma “è volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità”.

Si tratta della prima normativa che riconosce specifiche tutele per i disabili dopo la perdita della famiglia o dei congiunti che si erano occupati di lui finché erano in vita. La legge mira a garantire l'autonomia della persona disabile e consente alla famiglia e al soggetto del trust di lavorare insieme per assicurare la miglior riuscita del progetto di autonomia del disabile. "Quello della famiglia Tarchi - commenta Paolo Peruzzi - è un gesto d'amore che crea un servizio. La capacità di condivisione e di collaborazione tra enti locali, Unione dei Comuni, Ausl, cooperazione sociale, associazioni delle famiglie prodottasi attorno al “dopo di noi“ potrebbe essere ulteriormente alimentata e valorizzata per costituire il necessario elemento fondativo di un nuovo, grande, patto sociale locale che consenta di riconquistare unitarietà nella programmazione, nella gestione e nello sviluppo delle reti dei servizi sociali e di promozione del benessere comunitario".

Quello di Partina, secondo il Sindaco di Bibbiena, Filippo Vagnoli, "è un nuovo modo di pensare e di vivere la disabilità. Il “dopo di noi” rappresenta una grande testimonianza di cura di una comunità nei confronti dei suoi figli più fragili. Una cura dovuta, necessaria che coinvolge famiglie intere, genitori, non più giovani, che hanno la necessità di pensare ai loro ragazzi diversi e al loro diritto di futuro e di benessere. Sostenere chi è in difficoltà, chi non ce la fa da solo, non è questione di “facciata”, ma di sostanza. Si parla di comunità quando questa è in grado di accogliere e insieme sostenere. Infine, ma non per ultimo ovviamente, c’è questa famiglia straordinaria, la famiglia Tarchi, la cui storia è monito ed esempio. La nuova legge sul dopo di noi ha offerto l’opportunità del trust ma Andrea e la moglie hanno voluto esprimerla fino in fondo per il bene del figlio, ma anche per altri ragazzi come lui il cui futuro resterebbe incerto senza questo percorso". "Quella che è nata in Casentino - ricorda Eleonora Ducci - è un’esperienza unica in tutto il territorio provinciale perché si sviluppa dalla volontà di una famiglia di mettere a disposizione dei beneficiari un’abitazione che diventerà la loro casa.

È il risultato di un percorso integrato, una sinergia tra famiglia, Comuni, Unione dei Comuni, Azienda Usl, Cooperative Sociali, Fondazioni e Associazioni in rappresentanza di famiglie e dimostra come percorsi integrati tra enti pubblici e settori del non profit possano raggiungere obiettivi importanti, di crescita di tutta la comunità". "La partecipazione della Azienda USL Toscana sud est, in particolare della Zona Distretto del Arezzo Casentino Valtiberina - sottolinea il Direttore Evaristo Giglio - alla progettazione del “Dopo di Noi” ha un significato molto preciso: coordinare i diversi interventi, presidiare l’integrazione tra servizi sociali e sanitari del territorio, verificare la corretta attuazione delle finalità del Bando Regionale che assume obiettivi di straordinario valore sociale oltre che sanitario. Nel panorama delle iniziative gemelle che investono la Zona, il progetto specifico del Casentino ha caratteristiche davvero peculiari.

La creazione di Casa Partina suscita un interesse particolare per il carattere innovativo e per la carica umana delle persone che ne sono protagoniste. Solo conoscendo la famiglia Tarchi e quindi Lucia e Andrea si può apprezzare il valore del percorso umano che ha alimentato la decisione di affidare, ricorrendo alla formula del trust, il futuro del proprio figlio. Il percorso davvero singolare, unico per il momento nel panorama della realtà aretina, è davvero denso di umanità, un “monumento” che sussume il significato della “genitorialità di un figlio disabile”.