ERIKA PONTINI
Cronaca

Dorotheea, la bimba che ha sconfitto la morte "Ci ha regalato la vita e ha vinto il Covid"

Papà Octavian racconta la sua bambina coraggio: "Affetta da una grave malformazione doveva morire subito, si è arresa dopo 13 anni"

di Erika Pontini

"Ci dicevano ’sarà un parto da favola, la bimba sta bene’. Ma Dorotheea è nata con una malattia genetica rarissima, la trisomia del 13 e la mosomia del 5 alle quali non si può sopravvivere: ci davano un anno al massimo. E invece ha vissuto tredici anni". E’ andata a scuola, la mascotte dei suoi compagni. L’hanno amata senza ’temerla’, una Wonder al contrario: il sorriso al posto della maschera. Ha giocato e sconfitto pure il Covid, oltre la malattia. Dorotheea è morta nel reparto di rianimazione del Meyer con quel sorriso lieve sul volto che posseggono solo le persone che hanno sofferto tanto e sono coraggiose. E ha lasciato un dono: le sue cornee salveranno un altro bambino. "Ci ha insegnato a essere persone migliori", dicono papà Octavian e mamma Mihaela.

E oggi don Alvaro Bardelli, parroco della Pieve, celebrerà i funerali in Cattedrale perchè questa bimba speciale sia di esempio e non una figlia del silenzio. Mentre la famiglia ha avviato un raccolta fondi per il reparto di pediatria del San Donato.

Signor Tavi ci racconta la storia di sua figlia?

"Nessuno lo immaginava. Era la nostra prima figlia e mia moglie avrebbe partorito in vasca poi però, appena nata all’ospedale di Montevarchi, i medici si sono accorti che qualcosa non andava. Sembrava perfetta ma in realtà aveva le manine storte e due fori nel cuore. In lei c’era un po’ tutto che non andava".

Quale fu la diagnosi?

"Era affetta dalla sindrome di Pattau (la trisomia del 13, ndr) e da quella di ’cri du chat’. Di solito i bambini non nascono nemmeno, oppure hanno malformazioni terribili e se vengono al mondo muoiono poco dopo".

Poi che vita ha vissuto?

"Negli anni abbiamo capito che era una bambina speciale e abbiamo lottato insieme a lei, giorno dopo giorno. A otto mesi venne operata al cuore, le dovevano coprire quel buco che le aveva fatto andare sangue nei polmoni e poi le causò continue crisi respiratorie. Nonostante tutte le problematiche sanitarie che aveva, tre settimane dopo era di nuovo a casa".

Quanto è stato difficile?

"Abbiamo cercato di farla stare meglio possibile. All’inizio nemmeno mangiava, non voleva. Poi ha imparato. E sì, siamo stati per anni più in ospedale che a casa".

Cosa dicevano i medici?

"Quando aveva sei anni siamo andati a fare una visita genetica. Lo ricordo ancora: controllarono tutto e quando eravamo sulla porta per andarcene ci dissero ’adesso siamo noi che dobbiamo imparare da lei. E’ un miracolo che sia ancora viva’".

Una vita diversa...

"Ha fatto tutto quello che fa un bambino normale: è andata a scuola con il deambulatore e la maestra di sostegno. Non importa se non imparava perchè non sentiva, e non vedeva. Ma aveva accanto i suoi coetanei che la amavano tanto e lei lo sentiva e sorrideva. Era la loro ’mascotte’. A teatro era lei la protagonista della storia, la principaessa di solito in mezzo ai bambini in cerchio".

Eppure soffriva fisicamente?

"Sì, tanto aveva anche una scoliosi e una cifosi molto importanti, e quando la sera la prendevo in braccio per portarla a letto vedevo le smorfie di dolore sul suo viso ma non si lamentava mai e non ha mai pianto".

A modo suo comunicava con voi?

"Sentiva le vibrazioni e parlava con i gesti. Quando ci avvicinavamo a lei, sulla carrozzina, ci tirava per le maniche e ci abbracciava, voleva le coccole. Poi le davamo un gioco, lo buttava in terra quando lo raccoglievamo scoppiava a ridere".

Come avete fatto con il lavoro?

"Mia moglie faceva la cuoca, quando Dorotheea ha avuto quattro anni l’ha lasciato e sono state sempre insieme. Io ho una ditta edile e una bella squadra di dipendenti. Ce l’abbiamo fatta".

Ma aveva crisi respiratorie?

"Quattro volte è arrivata in Rianimazione e i medici ci dicevano ’è arrivato il suo momento, preparatevi’. E invece no. Lei voleva resistere. La sua fisioterapista diceva sempre: "Non ho mai visto una persona che ama la vita come Dorotheea".

Il periodo del lockdown?

"Anche Dorotheea ha avuto il Covid a ottobre scorso. Due mesi e mezzo al Meyer: nonostante i suoi polmoni malandati ha vinto anche quella battaglia e a Natale è tornata".

I polmoni malati?

"Aveva una broncopolmonite bilaterale. La scoliosi pressava uno dei polmoni e spesso le davano anche la morfina per il dolore".

Poi si è spenta?

"Il 2 novembre ha compiuto tredici anni, l’abbiamo festeggiata. La notte ha cominciato a respirare male. L’abbiamo portata al San Donato. Era di casa ormai. Poi l’hanno trasferita al Meyer, in Rianimazione e ha smesso di soffrire. Quando è morta ci hanno detto che qualcuno aspettava la cornea: tra due mesi ci manderanno una lettera per dirci come è andata".

Cosa le ha regalato sua figlia?

"Ci ha insegnato a essere più buoni, forse lo dico male ma è così. Ci ha dato la voglia di aiutare la gente, di essere persone migliori. Ci ha dimostrato che anche un ’pezzettino’ come lei può fare tante cose. E’ stata un esempio. Magari lei pensa che io parlo così solo perchè sono il padre ma anche medici, infermieri e maestre ci hanno sempre detto che Dorotheea ha regalato a tutti la vita perchè sapeva viverla. Abbiamo organizzato una raccolta fondi: quando era ancora ricoverata ad Arezzo il primario ci disse che avevano poche apparecchiature, di portare da casa quello che avevamo e abbiamo preso la maschera full face. Gliela abbiamo lasciata e adesso vorremo fare qualcosa per chi soffre (chi vuole donare può farlo all’iba It03e0103014100000063241601 con l’indicazione Propediatria)".

L’ultimo saluto in Duomo

"Domani (oggi, ndr) alle 15 in Cattedrale. Don Alvaro ci teneva perché Dorotheea si merita – ha detto – il funerale più bello".