ALBERTO PIERINI
Cronaca

Duplice omicidio Arezzo, il figlio di Sara torna a scuola: "Sono forte come mio nonno"

In testa il berretto della polizia, trova ad accoglierlo il preside e i suoi prof. A ricreazione l’abbraccio coi compagni

l figlio di Sara all’ingresso del Professionale Margaritone ieri mattina alle 8.30

Arezzo, 19 aprile 2023 – In testa ha un cappellino della polizia di stato. "Me l’hanno regalato loro in questura: bello vero?". Bello, certo: il preside e i professori che lo aspettano all’ingresso si illuminano appena lo vedono puntare la scuola. Lo avevano aspettato già lunedì, fuori del cancello fino alle 9. A vuoto, ma stavolta erano sicuri di ritrovarlo. Sì, il figlio di Sara, l’unico vero testimone di uno dei delitti più orrendi della storia aretina è ancora più forte di quanto non si pensasse.

"Sono forte come il nonno" dice di sua iniziativa quando qualcuno lo invita ad andare avanti. Come il nonno, lo ripete due volte. Ha perso la mamma, la nonna, probabilmente già immagina che il babbo rimarrà in galera tutta la vita: e si attacca a quello che resta della sua famiglia. E ne fa un modello.

Il preside del Margaritone Roberto Santi, un po’ nonno anche lui a dispetto dell’età, lo stringe con affetto, da padre "burbero" di una scuola complessa come il Professionale. E così fa la vicepreside Silvia Bennati: mentre Mirella Sennati, la prof di italiano, fa fatica a trattenere le lacrime. "Lo sanno tutti, sono sensibile: e questa storia mi ha sconvolto". Lungo via Fiorentina ,dove si affaccia il portone di una delle tre sedi del professionale, le auto scorrono a sfinimento. E gli autobus sfornano decine e decine di studenti. L’orario di ingresso è alle 8.10, all’alba a confronto dei licei.

“Mi ha mandato un messaggio ieri sera per confermarmi che stamani sarebbe venuto" dice Santi. Era convinto arrivasse addirittura in anticipo. "E’ un ragazzo speciale, mai in ritardo: e pensate che è uno dei pochi a non aver mai ricevuto una nota sul registro, un anno fa lo abbiamo premiato con una ciaspolata". Allora era stata mamma Sara, ad accordarsi con i professori. "Una donna bellissima – insiste la prof di italiano – ma con un velo di tristezza che non perdeva mai".

Sono le 8.30 quando attraversa la strada, con una bella blusa multicolore e il cappellino della polizia in testa. Risponde all’abbraccio con un’intensità rara, la stessa mostrata domenica allo stadio, prima della partita. "Voglio entrare" però dice quasi subito. Forse il ritardo anomalo è perché prima arrivava a piedi da S.Lorentino, forse è per evitare all’inizio un bagno di folla. E in effetti il primo giorno resta con un paio di insegnanti in una classe a fianco della sua.

Preferisce così e nessuno ne fa un problema. Ma alla ricreazione, davanti al banco del paninaro frequentatissimo, riabbraccia i suoi compagni, qualcuno simula un applauso. Già da oggi dovrebbe riprendere il suo posto tra i banchi. Lui di certo non ha paura. Come non ne ha avuta nella notte del delitto a prendere in collo la sorellina per portarla al sicuro in fondo alle scale. Come non ne ha avuta quando la nonna lo ha svegliato per invitarlo a mettersi in salvo. E chissà se ne ha avuta nel vedere il babbo armato di coltello infilare la porta dopo l’omicidio.

“Ce la faccio, ce la faccio" ripete come aveva già fatto a bordo campo del Comunale, prima della partita dell’Arezzo. "Visto che vittoria?" gli dice la prof di italiano, per strappargli un sorriso, E lui il sorriso non lo nega ma ha fretta di varcare il cancello. Tutti lo pensano fragile, dopo quello che gli è successo. Ma lui invece è forte. Forte come il suo nonno.