
L’intervento di Sandra Marraghini, presidente di Italia Nostra Arezzo
Marraghini Fu distrutta la parte più alta della città con l’antico palazzo comunale, nel 1561 fu fatto radere al suolo il Duomo Vecchio e il centro sacro del Pionta, una perdita irreparabile. Con i materiali recuperati fu innalzata la Fortezza, mentre i marmi rari furono portati a Firenze per ornare le Cappelle dei Principi in San Lorenzo. Anche Giotto aveva dipinto nel Duomo Vecchio un affresco, perito con le distruzioni del 1561.
In realtà la motivazione di tanta spietata determinazione nel compiere questa brutale devastazione fu probabilmente quella di infierire il colpo mortale alla città per soggiogarla in modo definitivo, radendo al suolo tutto quanto potesse consentire una sua futura riscossa.
Chiusero e abbatterono anche lo Studiorum, una delle più antiche e prestigiose università. Così la Chimera, più alto e rappresentativo simbolo del glorioso passato, testimonianza della rilevanza della città nell’Etruria e di un prestigio superiore a Firenze, ci lasciò e insieme a essa cominciò un declino economico sociale e culturale della città durato per secoli.
La Chimera tornò ad Arezzo per la prima volta nel 1989 per iniziativa del sindaco Aldo Ducci e del soprintendente Francesco Nicosia. In quell’occasione fu costituito un comitato presieduto da Ivan Bruschi per sostenere il ritorno definitivo.
Il sistematico trafugamento dei tesori artistici aretini di origine etrusca e le sistematiche distruzioni subite dalla città ci dicono che il ritorno della Chimera ad Arezzo sarebbe oggi un atto dovuto da parte di una comunità che volesse fare della diffusione sul territorio dei beni artistici il suo punto di forza.
La restituzione della Chimera non solo avrebbe un grande valore per la nostra città, che anche oggi ha a che fare tra l’altro con la lavorazione dei metalli, quale capitale mondiale dell’oreficeria, ma costituirebbe anche il massimo della valorizzazione possibile dell’opera stessa, acquistando prestigio ed esaltazione massima nel suo contesto, mentre il suo valore si spegne a Firenze tra altre mille opere d’arte e fuori contesto. Il suo ritorno potrebbe costituire il fondamento di un rilancio culturale e di una dovuta valorizzazione archeologica della città, che ancora non è mai avvenuta e che senza la Chimera è molto difficile che potrà mai avvenire.
Considerato che l’allestimento della mostra del bronzo etrusco al Museo d’arte moderna di Arezzo è stato davvero convincente, il luogo definitivo per esporla potrebbe essere proprio lì accanto a Piero della Francesca e a dialogare con l’arte moderna e contemporanea, perché no? L’arte autentica è senza tempo.
* presidente di Italia Nostra Arezzo