SALVATORE MANNINO
Cronaca

Edith Bruck, la scrittrice vicina allo Strega a 90 anni

Nel suo romanzo autobiografico "Il pane perduto" la deportazione nei campi di sterminio e una vita avventurosa. Al Quirinale con Mattarella, visitata dal Papa

di Salvatore Mannino

Pochi (poche) sono sopravvissuti ad Auschwitz per testimoniare come lei della Banalità del male di cui aveva parlato Hannah Arendt. Nessuno o quasi è stato chiamato al Quirinale dal presidente Mattarella per raccontarla, nel Giorno della Memoria, o ha ricevuto la visita nella sua casa romana di Papa Francesco, che ha così voluto esplicitare la sua vicinanza a una donna travagliata ma forte. Tanto forte da scrivere a quasi novant’anni, lei poetessa, il romanzo della sua vita, quel "Pane perduto" che è stato uno dei fenomeni letterari dell’anno, nella cinquina del premio Strega, a un passo dalla vittoria finale, mancata per pochi voti. Parliamo di Edith Bruck, l’ospite d’onore della prima giornata di Moby Dick, stasera in piazza della Repubblica a Terranuova.

In realtà, e non c’era bisogno per capirlo di uno splendido libro autobiografico, è la vita stessa di questo insolito personaggio del panorama culturale italiano, nata ungherese, vissuta in Israele e infine approdata nel Belpaese, ad essere un solo, grande romanzo. Un’identità, molte identità: l’ebrea e la deportata, l’apocalittica e l’integrata, la moglie e la testimone di un amore, quello per il poeta e regista Nelo Risi, il fratello di Dino, ormai perduto. Edith viene al mondo nel 1931 in un villaggio sperduto dell’Ungheria da una povera famiglia ebraica. L’ostilità per la sua gente e la discriminazione sono il pane quotidiano della sua infanzia e adolescenza in un paese dominato dalla dittatura parafascista di Horthy, cui segue l’occupazione hitleriana, ancor più feroce.

Nel 1944 la giovanissima Steinschreiber (il suo nome da ragazza) viene razziata nel ghetto di Sátoraljaújhely e inviata ad Auschwitz. Ne uscirà viva, come da Dachau e Bergen Belsen. Viva per raccontare, come Primo Levi, viva per ricominciare, anche se della sua famiglia resta poco e niente: nei campi di sterminio muoiono il padre, la madre, un fratello e altri parenti. Nell’Europa dell’est ormai sotto controllo russo dell’immediato dopoguerra, raggiunge in Cecoslovacchia la sorella maggiore, salvata anche lei miracolosamente da quell’eroe dell’Italia migliore che fu Giorgio Perlasca.

L’aria però è ormai irrespirabile, Edith decide di emigrare in Israele, un paese che lei, da ebrea, immagina di "latte e miele", ma la realtà si rivelerà molto più prosaica. Di quegli anni le resterà soprattutto il cognome che adopera ancora, Bruck, dal marito sposato per evitare il servizio militare esteso anche alle donne. E’ una vita grama, in un paese ancora precario, dall’esistenza minacciata, segnata da tensioni che lei non riesce ad accettare. Sceglie allora l’Italia, in cui arriva nel 1954.

Qui incontrerà e sposerà Nelo Risi, ma soprattutto parteciperà intensamente alla vita culturale e giornalistica. Collabora a grandi quotidiani, scrive libri di poesie, sceglie di farlo in una lingua, l’italiano, che non è la sua ma che, dice lei, le dà il giusto distacco emotivo dalla pagina. Soprattutto comincia a raccontare nei suoi libri dell’esperienza di deportata, il che l’aiuta a tratteggiare la protagonista quando Gillo Pontecorvo la sceglie come consulente nei primi anni ’60 per il suo primo film importante, "Kapò". Seguiranno l’esperienza del teatro (i suoi lavori verranno messi in scena anche dal Piccolo di Milano, l’avvicinamento al femminismo con il Teatro della Maddalena, qualche regia cinematografica.

Un personaggio al centro della vita letteraria, soprattutto nella capitale, la scelta di Mattarella di volerla al Quirinale nel 2019, non è un capriccio. Poi il successo, anche di vendite, del "Pane perduto" e il 20 febbraio la visita di Papa Francesco. Edith, la donna che... Strega.