GLORIA PERUZZI
Cronaca

Fabri Fibra: "Il mio ritorno dopo Arezzo Wave, la notte del rap"

Intervista al protagonista dell’ultimo giorno del Mengo Festival da tutto esaurito: 5 mila spettatori al Prato. Gli altri protagonisti

Fabri Fibra (Foto Roberto Garavaglia)

Arezzo, 10 luglio 2022 - «Se l’hip hop fosse una donna, le direi. Quando sei qui vicino a me. Questo soffitto viola, no, non esiste più. Io vedo il cielo sopra noi». E’ la dichiarazione d’amore di Fabri Fibra per quel genere musicale che, dice: «mi ha veramente dato tanto». Un amore espresso con le parole e la voce di Gino Paoli, campionate nel brano ‘Intro’ che apre il suo ultimo album ‘Caos’ (disco di platino), decimo di una carriera ventennale spesso accompagnata da polemiche e successi.

Talento ipnotico e stile unico, oggi Fabri Fibra è considerato da tutti uno dei rapper più importanti della scena italiana, di quelli che hanno fatto scuola e indicato la strada alle generazioni successive. Il suo ‘Caos Live, Festival 2022’ lo porterà in giro per tutta l’Italia: ha cominciatoda Arezzo, al Mengo Music Fest nell’unica serata a pagamento del festival, subito sold out. Prima di lui, Claver Gold, Speranza e Massimo Pericolo.

Il meglio della scena rap italiana nello stesso palco. Qui ha suonato molti anni fa, come artista emergente di Arezzo Wave. Torna con un concerto sold out che racconta chi è oggi Fabri Fibra. C’è qualcosa di quei primi anni che è rimasto immutato? «Sicuramente l’obiettivo di mantenere autentico il rap. Sul palco continuo a tenere la formazione dj con i piatti e rap al microfono, perché era l’idea originale, è quello che mi ha sempre impressionato del rap. Pochi elementi ma d’impatto. Immutata anche la voglia di riscatto e di imporre questo genere musicale nel mercato italiano: per quanto sembri accettato, in realtà viene sempre contrastato».

Un punto di riferimentoper tutti, una decina di anni fa non era così. Sono cambiati il rap, la scena o il paese? «Un po’ tutto. Il panorama musicale generale e i grossi gruppi di una volta non ci sono più, lasciando campo libero al rap. Anche nelle radio e alla tv c’era il pop e il mainstream. Poi, con l’uso degli smartphone, dei social, youtube e lo streaming, i ragazzi hanno scelto la musica da ascoltare. Il rap rispecchia il rifiuto di tutta la nuova generazione alla finzione imposta dai media e dal mainstream. E’ ancora autentico, trasmette spontaneità non preparazione studiata».

Quanto è importante il ‘Caos’ nella creatività e quanto la aiuta nella metrica delle rime che, al contrario, escono sempre limpide, chiare e incisive? «È uno dei fattori che genera la motivazione per scrivere. Il trucco è farlo sembrare semplice!».

Definirebbe ‘vecchia scuola’ il suo ultimo album? «In realtà è la roba mia. E’ molto importante avere un’identità musicale sennò si finisce nei cliché del rapper. Nel disco c’è un po’ di tutto dai suoni più ’90 al sound più moderno e anche aperture al mainstream».

In ‘Cocaine’ scrivi ‘ti prego Dio, dammi una mano. Anzi, dammi un palco.... Le è pesato il lockdown, o è riferito a un altro tipo di riscatto? «Quel periodo mi ha fatto gioco, finchè la giostra gira non puoi scendere. Quindi, mi è servito per chiudermi in studio e concentrarmi sul disco. In quel verso, chiedo a Dio l’ispirazione per riuscire a scrivere un altro disco capace di riportarmi a vivere le sensazioni della mia musica. Non è mai scontato che tu ogni volta riesca a ritornare sul palco. Anche la strofa di ‘Caos’: Era la stessa vita nello stesso posto fino a quando non mi sei venuta incontro, è molto sentimentale, sembra riferita ad una persona, ma in realtà parla dell’opportunità di fare questa musica e portarla sui palchi come sto facendo adesso».