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Cronaca

Falso dentista del Valdarno, eseguito il sequestro dello studio: il valore è 600 mila euro

L'operazione dei Nas, come La Nazione aveva anticipato, è avvenuta nei giorni scorsi: nello studio uno dei professionisti senza laurea

Il blitz dei Nas è scattato nella Chinatown di Milano

Arezzo, 29 novembre 2016 - Era stato scoperto la settimana scorsa a San Giovanni, dai carabinieri del Nas di Firenze a svolgere attivita’ odonoiatrica senza titolo. Ieri, gli stessi militari, hanno dato esecuzione a decreto di sequestro preventivo dello studio emesso dal tribunale di Arezzo.

Lo studio dentistico, con all’interno altri quattro studi riuniti dentistici, una sterilizzatrice, due apparati radiografici, ferristica odontoiatrica ed un laboratorio odontotecnico con relative attrezzature, del valore commerciale stimato in 600mila euro è stato sottoposto a provvedimento cautelare dal tribunale di Arezzo.

Un'operazione condotta dai Nas dei carabinieri, ci hanno messo pochi attimi ad avere la conferma di quanto sospettavano: uno era davvero un dentista, con tanto di laurea e abilitazione, l’altro soltanto un praticone che per odontoiatra si faceva passare: un semplice odontotecnico che in passato aveva rinunciato anche all’iscrizione come artigiano e ora lavorava (molto teoricamente) solo come assistente.

LA STORIA Uno davvero un dentista, l’altro per odontoiatra si faceva passare: un semplice odontotecnico che in passato aveva rinunciato anche all’iscrizione come artigiano e ora lavorava (molto teoricamente) solo come assistente.

Uno cioè che al massimo sta a fianco del dentista vero mentre opera. Lui, invece, Sergio S., 57 anni, valdarnese, aveva una stanza tutta sua e una poltrona odontoiatrica dalla quale lavorava tranquillamente sui denti altrui.Mentre il titolare formale, il dottor Massimiliano T., interveniva contemporaneamente su un altro paziente. E’ finita come era inevitabile che finisse: col sequestro dello studio di San Giovanni in cui entrambi svolgevano la loro attività, e con la doppia denuncia (indaga il Pm JuliaMaggiore): esercizio abusivo della professione per il praticone e concorso nello stesso reato per il dentista laureato, uno che di studi ne ha anche un altro, ad Arezzo, in centro, molto ben avviato.

A dire il vero, ben frequentato era anche l’appartamento-ambulatorio di San Giovanni: quattro poltrone odontoiatriche, che significano un giro di clientela consolidato. Titolare formale era ovviamente il dentista vero, ma l’immobile era di proprietà dei familiari dell’abusivo. Il che ben rende conto dell’ambiguità della situazione scoperta dai Nas. Che si sono mossi d’intesa, come spesso accade, con l’ordine dei medici di Arezzo.

Tutto comincia quando alcuni pazienti, non soddisfatti dalle cure ricevute, si rivolgono ad altri odontoiatri, che ben presto rivolgono la fatidica domanda: scusi, ma chi le ha messo le mani in bocca? Viene fuori il nome di Sergio S. ma nessuno lo ha mai sentito nominare come collega.

Risultato: i clienti vittime parlano con l’ordine dove ci vuol poco ad accertare che nell’albo degli odontoiatri non risulta alcun iscritto con quei dati anagrafici. Il resto è facilmente intuibile: la denuncia ai Nas, le prime indagini, gli appostamenti e infine il blitz di mercoledì mattina nel corso del quale il dentista vero e l’abusivo vengono colti in flagrante intervento.

Difficile per il primo sostenere che non sapesse niente dell’altro. Tanto più che mentre il laureato faceva la spola con l’altro studio nel capoluogo, il praticone lavorava praticamente a tempo pieno a San Giovanni.

Il paradosso di questa storia è che i pazienti erano convinti di mettersi nelle mani di un vero dentista, se non altro perchè le tariffe erano quelle di uno studio odontoiatrico con tutti i crismi in regola, comprese le fatture, che non erano certo quelle di un odontotecnico o di un assistente. Insomma, il danno e la beffa. Bisognerà adesso vedere se verranno allo scoperto altri pronti a dichiarare di aver usufruito delle «cure» del finto dentista senza sapere che per lui la laurea era un optional non richiesto.

Comunque sia, un altro caso di esercizio abusivo di una professione delicatissima, come se ne vedono in continuazione. L’ultimo è di pochi giorni fa. Uno che, secondo quanto ha raccontato la signora sua paziente, usava come gabinetto dentistico il bagno di casa. In quel caso non si è tuttavia arrivati all’accertamento della verità processuale, perchè il reato era già estinto dalla prescrizione. Ma l’allarme resta: quanti abusivi continuano a mettere le mani (e i ferri) nelle bocche, spesso inconsapevoli, degli aretini?