CAMILLO
Cronaca

Fanfani e il ponte con gli Usa. La spinta all’unità europea di Eisenhower e Kennedy

Dai diari dello statista di Pieve Santo Stefano emergono le riflessioni sugli incontri alla Casa Bianca: "In mezzo alle difficoltà, la necessità di stare insieme appare evidente" .

Dai diari dello statista di Pieve Santo Stefano emergono le riflessioni sugli incontri alla Casa Bianca: "In mezzo alle difficoltà, la necessità di stare insieme appare evidente" .

Dai diari dello statista di Pieve Santo Stefano emergono le riflessioni sugli incontri alla Casa Bianca: "In mezzo alle difficoltà, la necessità di stare insieme appare evidente" .

Brezzi

Lo scorso anno ricorreva il venticinquesimo anniversario della scomparsa di Amintore Fanfani, il più importante statista del territorio aretino. Grazie all’impegno di Franco Ciavattini e dell’associazione Kairos sono state organizzate varie iniziative per ricordare la sua intensa attività, non solo politica. Dopo la mostra al Museo Civico di Sansepolcro, "Amintore Fanfani pittore: uno stile ancora attuale", si è svolto un incontro nel paese natale, Pieve Santo Stefano, mettendo a confronto i diari di Fanfani con quelli dell’Archivio Diaristico Nazionale. In questo tour della memoria, che ha toccato anche Anghiari dove Andrea Merendelli ha messo in scena un dialogo teatrale tra Fanfani e Giorgio La Pira e l’incontro nella bella sala consiliare di Terranuova, sorprende (ma non meraviglia) l’assenza dell’amministrazione del capoluogo, cui in parte ha posto rimedio all’inizio del nuovo anno una interessante e coltissima conferenza di Antonio Aldinucci che con tono piacevole ha rallegrato i soci del Rotary sul Fanfani storico dell’economia e la sua importante analisi critica del fondamentale saggio di Max Weber, "L’etica protestante e lo spirito del capitalismo".

In questo contesto mi è capitato di sfogliare i Diari di Fanfani e, forse influenzato dall’attuale clima politico internazionale caratterizzato dalle roboanti dichiarazioni di Donald Trump, mi sono soffermato su un viaggio negli Stati Uniti avvenuto quasi settant’anni fa.

Amintore Fanfani da due anni è segretario politico della Democrazia cristiana quando, nell’agosto 1956, compie una visita oltreoceano di un mese. Ha colloqui con esponenti del governo, della finanza, della stampa, delle università, con dei religiosi, con il direttore della Cia. Partecipa alla convention democratica a Chicago e incontra, "in un clima cordialissimo", l’ex presidente Harry Truman, Adlai Stevenson (che sarà candidato alle elezioni di novembre e nuovamente sconfitto da Eisenhower), John Kennedy, Lyndon Johnson, Eleanor Roosevelt (vedova del presidente del New deal e della guerra mondiale).

La settimana successiva, a San Francisco, assiste ai discorsi di accettazione di Eisenhower e di Nixon alla convention repubblicana e poi si dirige a Los Angeles (dove vede il regista Frank Capra e l’attore Tirone Power). In precedenza, il 10 agosto 1956, da New York raggiunge in treno Washington, ed è ricevuto alla Casa Bianca dal presidente Dwight Eisenhower che gli pone immediatamente una domanda: "Come vanno le cose in Europa? Progredisce il senso dell’unità?". Già all’indomani delle tragedie del nazifascismo e della guerra mondiale tre personalità europee di governo quali Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Robert Schuman (a cui possiamo aggiungere Altiero Spinelli, Jean Monnet, Joseph Beck e Paul Henri Spaak) posero le basi per un progetto di unificazione europea, ma sarà soltanto il 25 marzo 1957 (cioè l’anno successivo al colloquio tra Eisenhower e Fanfani) che Francia, Germania Ovest, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo firmeranno il Trattato di Roma, primo passo per realizzare un mercato unico europeo.

Secondo quanto riportato nella trascrizione del colloquio dell’agosto 1956 (manoscritta da Fanfani) il segretario della Dc si limita ad affermare: "In mezzo alle difficoltà. La necessità di essere uniti appare sempre più evidente". Il Presidente statunitense ribadisce: "Sì noi riconosciamo che l’Europa e gli europei ci hanno dato le idee fondamentali e le forze essenziali del nostro sviluppo; e ameremmo che un uguale sforzo facessero per il loro sviluppo.

Così divisa l’Europa conta poco. Se fosse unita sarebbe la terza forza del mondo (e il presidente batte un energico pugno sul tavolo). Durante i miei contatti con i governanti europei mi son sempre sentito dire che avevo ragione; ma poi, finiti i colloqui, non si è dato seguito alle parole. Gli uomini politici europei sono troppo legati alle divisioni tradizionali, e alle apparenze esterne di sovranità spesso formali. Bisogna vincere questi pregiudizi e queste opposizioni".

Questa linea politica americana di una “attenzione” per una Europa unita sarà perseguita nei decenni successivi sia dalle presidenze repubblicane che democratiche.

Una conferma lo stesso Fanfani la ebbe, nella sua veste di presidente del consiglio, quando nel giugno 1961 e nel gennaio 1963 fu accolto alla Casa Bianca dal successore di Eisenhower, John Fitzgerald Kennedy. Oggi, a settant’anni da quell’incontro, nella più ampia Unione europea, sembra essere tornati a quelle "divisioni tradizionali" tra gli Stati europei e soprattutto notiamo che gli attuali inquilini della Casa Bianca (presidente e vice presidente) stanno gettando nel cestino dei rifiuti decenni di storia degli Stati Uniti.