Arezzo, 12 maggio 2018 - Descrive un delitto per caso, uno sparo maturato in un contesto eccezionale ma del tutto imprevisto. Non solo dunque legittima difesa, ma anche l’assoluta imprevedibilità di ciò che di terribile sarebbe successo a Sinalunga nella notte di sangue di mercoledì scorso. Questo Giulio Sale, il sardo di 45 anni che viveva a Foiano quasi sulla linea di confine con il territorio di Cortona, avrebbe detto ai carabinieri subito dopo la rocambolesca cattura.
Poche parole peraltro non pronunciate davanti al Gip di Siena Ilaria Cornetti che ieri ha convalidato l’arresto nell’udienza che si è tenuta in ospedale dove l’assassino è piantonato giorno e notte. Con il giudice il sardo, assistito dall’avvocato Barbara Mercuri, ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, strategia difensiva quasi sempre adottata nell’immediatezza dell’evento. Il pm Nicola Marini ha chiesto che l’omicida stia in carcere, potrebbe inquinare le prove: richiesta accolta.
Comunque significativa la parziale ricostruzione dei fatti che il pastore, ferito nella fuga, ha offerto ai militari. Avrebbe detto in pratica che da Foiano si era spostato a Sinalunga per chiarire con un albanese, lì residente, alcune incomprensioni. C’è un episodio all’origine della visita? Qualche mese prima c’era stata una rissa in un locale di Foiano dove era stato picchiato. E’ questo ad averlo spinto a cercare l’albanese? La sorte avrebbe voluto che l’uomo stesse ospitando in quei frangenti il giovane connazionale Andrea Ndoja.
Proprio il ventiduenne sarebbe andato ad aprire la porta al suono del campanello trovandosi faccia a faccia con il pastore. E’ a questo punto, dopo un breve scambio di parole, che sarebbe scoppiato l’alterco fra i due. Vero, falso? Saranno le indagini ad appurarlo. Sale ha aggiunto che la pistola era di Ndoja, che è stato il ragazzo ad impugnarla e a puntarla contro di lui. E quasi come in un film, il pastore avrebbe strappato l’arma di mano all’albanese sparando il proiettile che ha centrato al collo Ndoja. Poi la fuga mentre il ventenne agonizzava tra le braccia dell’amico, con l’ultima frase smozzicata riferita alle pecore.
La pistola, appunto. Se da una parte i rilivi scientifici dovranno accertare con esattezza lo sviluppo della colluttazione e il suo esito tragico, dall’altra parte risulterà fondamentale ai fini processuali proprio la pistola. Di chi era? Di Andrea, come riferisce Giulio Sale, o del pastore. La cosa sicura è che l’arma non era stata denunciata e che saranno dunque le indagini successive a stabilirne la proprietà.
E sempre in relazione alla rivoltella, sarà altrettanto importante stabilire la traiettoria dello sparo: solo un esame balistico potrà essere in grado di farlo. Intanto l’omicida è ancora ricoverato all’ospedale di Siena in consgeuenza della frattura alla gamba riportata durante la concitata fuga. Il sardo è caduto sul terreno impervio, si è poi trascinato per un chilometro circa prima di finire in un dirupo.
E’ stato lì che i carabinieri lo hanno arrestato, pieno di fango. Lo stesso omicida ha indicato il luogo dove aveva gettato la pistola, ritrovata poco più tardi in mezzo ai rovi. si stanno concentrando le indagini dei carabinieri attraverso esami scientifici e balistici per accertarne la proprietà e stabilire la dinamica della colluttazione e dello sparo.